Regia di Antonio Margheriti vedi scheda film
Due giornalisti scoprono scorie radioattive in un vulcano caraibico. Prima che possano diffondere la notizia, gli scienziati malvagi che le producono catturano uno dei due e si mettono sulle tracce dell'altra. I guai sono solo all'inizio, però, perchè un mostro alieno devastante sta accorrendo, attirato dalla contaminazione radioattiva del luogo.
Azione, sangue, mostri, violenza, mistero, avventura, esotismo, il tutto mescolato con un ingrediente che negli anni Ottanta andava tanto ipocritamente di moda: l'ecologismo (e il senso di giustizia derivante da esso, chiaramente); la sceneggiatura - firmata da Tito Carpi - di Alien degli abissi non si fa mancare nulla e la pellicola può essere di diritto ascritta al filone del cinema 'di genere', data anche la portata ridotta del budget a disposizione del regista. Che è Anthony M. Dawson, insomma il veterano Antonio Margheriti, che peraltro con un film di fantascienza e alieni invasori malvagi esordì dietro la macchina da presa tre decenni prima (Space men, 1960). L'ingenuità di quel tipo di lavori qui si è persa, ma quello che rimane identico è il metodo 'poveristico' della messa in scena, che sfrutta al meglio i mezzi miserrimi a disposizione (il mostro di questo film è uno dei meno paurosi di sempre, al cinema). Anche il cast non annovera nomi degni di nota, proponendo in prima linea Maria Giulia Cavalli, Luciano Pigozzi / Alan Collins, Daniel Bosch, Charles Napier e Robert Marius; alla fine degli anni Ottanta d'altronde il grande schermo viveva una crisi profonda dovuta al moltiplicarsi delle televisioni private e all'abbassarsi drastico dei costi dei videoregistratori: il 'genere' fu una delle principali vittime di quell'insieme di circostanze e questa è infatti la quartultima regia per Margheriti. Finale fra fiamme, esplosioni e insegnamenti morali a casaccio: ingenuità ai massimi livelli, prima ancora che retorica boriosa. 2/10.
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