Regia di Curtis Hanson vedi scheda film
Eminem (al secolo Marshall Mathers) ha saputo sdoganare il rap uscendo dalla sua tradizione prevalentemente afro- americana, e lo ha fatto con il rovescio della medaglia di un approccio abbastanza commerciale ma non privo di efficacia. Il film di Hanson lo vede protagonista nel racconto dei suoi esordi, in un'atmosfera cupa lontana anni luce dall'America più stereotipata, senza tralasciare gli aspetti più controversi come la sua crescita in una roulotte dove viveva con la madre (qui interpretata da una Kim Bassinger senza infamia e senza lode) e le scazzottate con le bande rivali in una Detroit che sembrava già anticipare la grande crisi di pochi anni dopo. Un film sostanzialmente onesto, dove la parte del leone la fanno le sfide in freestyle che tanto hanno reso celebre Eminem, e che giustamente si è scelto di non doppiare lasciandole sottotitolate. Tuttavia la confezione su misura sembra voler approfondire solo alcuni aspetti (e non sempre i più salienti) della sua ascesa lasciando più di un vuoto nel racconto, sospendendo il tutto in una sorta di limbo narrativo.
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