Regia di Margherita Ferri vedi scheda film
Film toccante, pacato e misurato. Ottima prova attoriale dei giovani attori. Messaggio, purtroppo, strumentalizzato: il vero "nemico" non sono i ragazzini, a volte stupidi e "cattivi", ma una società fragile creata ad arte, famiglie spaccate con genitori egoisti, la scuola che è l'istituzione preposta a eliminare le famiglie dalle vite dei giovani.
Il ragazzo dai pantaloni rosa racconta una storia adolescenziale, in modo gentile e delicato, ma anche asciutto e senza concessioni al melodramma o alla spettacolarizzazione.
Il protagonista, o, per meglio dire, i giovani protagonisti esprimono emozioni e caratteritstiche dei rispettivi personaggi come attori di mestiere, al punto da risultare il pregio principale dell'opera.
La narrazione è intimista, privilegiando la dimensione interiore, e relegando i fatti veri e propri quasi sullo sfondo.
Film come questo non si misurano con il metro consueto, poichè sarebbe iniquo attendersi una trama ricca di intrighi e picchi di tensione: il realismo è lo scopo esplicito che ci si ripropone, e in questo senso si lascia apprezzare proprio l'assenza di eccessi che avrebbe magari regalato qualche emozione in più, ma a costo di snaturare il contesto.
Ecco, quindi, che la discesa agli inferi del giovane protagonista non presenta colpi di scena improvvisi, o svolte inattese: è, piuttosto, una spirale lenta ma inesorabile, che a tratti viene narrata dalla voce fuori campo, piuttosto che rappresentata.
Quanto all'aderenza alla storia vera, è difficile giudicare: i numerosissimi siti web che si occupano della vicenda si limitano a menzionare l'episodio dei pantaloni stinti, senza mai accennare alla festa, al travestimento o ad altre circostanze, invece presenti nel film (l'abbraccio, il bacio all'amico, etc.). In mancanza di chiarezza, non possiamo che riportarci al film, e speculare su di esso. Il fatto stesso che la madre sia stata insignita del cavalierato e che tutti i media di regime osannino la vicenda come la bandiera del bullismo, del cyberbullismo e dell'omofobia, induce gli spiriti critici a porsi più di una domanda. Innanzi tutto, è palese la strumentalizzazione: la lotta "al bullismo" è uno dei leit motiv più cavalcati degli ultimi anni per realizzare feroci censure, controlli e divieti. Non parliamo, poi, dell'omofobia... che tra l'altro non c'entrava niente nel caso di specie, ma tanto si sa che ogni scusa è buona per sventolare questa bandierina. Il problema vero che emerge nella vicenda del giovane, però, non è tanto "il bullismo": ai tempi del giovane Alberto Sordi, il capocomico della sua compagnia teatrale, lo bastonava se sgarrava. Per i ragazzi era normale risolvere le controversie con una scazzottata. Il problema è la drammatizzazione e la vittimizzazione di comportamenti che, di per sè, farebbero parte della formazione del carattere e della personalità: confrontarsi con gli altri ragazzi è un modo per mettersi in gioco e tirare fuori gli attributi. Cosa che, purtroppo, non va più di moda oggigiorno. Con i risultati che vediamo, anche in questo film. I veri responsabili di simili disagi giovanili sono la società manipolata per renderla fragile, vittimista, ipersensibile e perennemente in condizione di stress, ansia e paura: basti dire che, secondo un sondaggio recente il 97% dei bambini tra gli 8 e i 14 anni vive nell'ansia da cambiamento climatico (che è una bufala inventata dalla massoneria per controllare e annichilire la società occidentale). La scuola è un luogo innaturale, irregimentato, ideologizzato e serve in primo luogo a rimuovere l'influenza dei genitori sui figli. Come si vede peraltro benissimo nel film, i matrimoni fallimentari, gli egoismi dei genitori, la loro assenza, la mancanza di riferimenti che ne deriva, fa sì che si crescano giovani adulti fragili, alla deriva, e sbandati. Qualcuno ha detto che i tempi duri costruiscono persone forti, mentre i tempi molli producono persone deboli. E' proprio così, e lo sa benissimo la cricca di massoni che controlla istituzioni e media, e che sta rendendo i giovani degli alienati sociali e spirituali, rincoglionendoli con realtà virtuali, rapporti virtuali, intelligenza artificiale, suggestioni deviate in ogni ambito, dalla sessualità alla relzionalità, e così via.
Si usa questo film come bandiera contro il bullismo, ma basterebbe guardarlo con onestà intellettuale per rendersi conto che il vero problema sta a monte: genitori distaccati, famiglie a pezzi, scuola come surrogato della famiglia, mancanza totale di disciplina, di ricerca interiore, di scopo nella vita. Poi, certo, siccome viviamo in una società (artatamente) basata sui rimedi sintomatici, è evidente che si cerchi di puntare l'indice verso l'ultimo anello della catena, che è il più evidente, ma anche il meno rilevante. In pratica, lo scopo esplicito di tutte le pratiche buoniste imposte oggigiorno è quello di far sì che chiunque, non importa quanto possa essere normale, matto, giusto, sbagliato, capace di intendere e volere o meno, deviato o meno, sano o malato, si aspetti che tutto il mondo intorno a lui cambi per adeguarsi e "rispettarlo", cioè non osare contraddirlo, esternare opinioni conflittuali, e, magari, come nel folle provvedimento del sindaco massone di Londra, neppure guardarlo! Sì, perchè ora anche guardare è molestia sessuale. E se tu lo dici, ingeneri nelle persone un corrispettivo sentimento, cosìcchè una donna, per essere "giusta", ora dovrà denunciare chi su un autobus osa guardarla negli occhi. E con questo estremo esempio di follia eteroimposta, che di qui a 10 anni sarà considerata una cosa normale e scontata, credo di aver detto tutto ciò che si possa dire per denunciare la verità sottesa all'inganno quotidiano. "Scusa" ad Andrea non dovrebbero chiederlo dei ragazzini a malapena adolescenti, che fanno ciò che hanno sempre fatto i ragazzini, cioè comportarsi a volte bene e a volte incredibilmente male. "Scusa" dovrebbe chiederglielo chi, dall'alto, ha fatto sì che si istituissero una società malata, un sistema deviato e una serie di fragilità derivate.
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