Regia di Margherita Ferri vedi scheda film
Un piccolo film che trasmette un grande messaggio.
Il ragazzo dai pantaloni rosa, scritto e prodotto da Roberto Proia e diretto da Margherita Ferri è ispirato alla vera storia di Andrea Spezzacatena, un quindicenne che, vittima di bullismo a sfondo omofobico, si tolse la vita nel 2012. Il titolo fa riferimento ad un paio di calzoni indossati dal giovane che, inizialmente di colore rosso, divennero rosa a causa di un lavaggio andato male e furono utilizzati dai compagni di scuola come pretesto per battute di cattivo gusto e umiliazioni continue. Il ruolo di Andrea è ricoperto da Samuele Carrino, mentre Claudia Pandolfi interpreta Teresa Manes, la sua amata mamma. Del resto del cast fanno parte Sara Ciocca, nella parte della migliore amica del protagonista (anche lei chiamata Sara) e Andrea Arru, che presta il volto e la voce al personaggio di Christian, il "capo" dei bulli.
Volendo essere onesti fino in fondo, il film della Ferri non brilla né per regia, molto vicina al modello televisivo, né per fotografia, con colori decisamente troppo accesi vista la tematica trattata. Gli attori scelti assolvono il loro compito senza infamia e senza lode e tutto sommato risultano credibili. Perché, allora, Il ragazzo dai pantaloni rosa merita il nostro tempo? Perché ci immerge nel mondo dei giovani e delle loro problematiche. La pellicola mette sul tavolo temi rilevanti tanto per gli adolescenti quanto per i loro genitori. L'importanza dei rapporti umani, il bisogno di essere accettati, amati e riconosciuti dagli altri sono il vero centro attorno al quale ruota il senso generale del film. Il bullismo che pure ha un ruolo di primo piano non è affatto banale nella sua triste rappresentazione. Esso si sviluppa con dinamiche da rapporto tossico in cui una delle due parti si illude di poter essere ricambiata dall'altra, senza che ciò avvenga mai veramente. Non si tratta solo di "semplici" prese in giro. Le ferite di Andrea sono molto più profonde e complesse perché maturate in seno alla perdita di fiducia negli amici e nella vita. Quella vita che il protagonista, come si vede nel film, amava tanto. Rapporti umani, dunque, che sono la parte più riuscita della pellicola, sia che essi riguardino la tenera amicizia con Sara (condita peraltro da una piccola vena cinefila) sia il tempo passato in famiglia. Quest'ultima, poi, mai dipinta (giustamente) come perfetta. La parte dolorosa, quella che concerne il bullismo, purtroppo odora di realismo e non saranno pochi coloro che vi si riconosceranno. La penosa realtà di diversi ragazzi è tutt'altro che inventata ma raffigurata con intelligenza.
Il messaggio contro l'emarginazione e l'invito ad essere buoni con gli altri sono, purtroppo, tutt'altro che scontati. Basti pensare a come alla Festa del cinema di Roma il film sia stato accolto da fischi e insulti omofobi o a come a Treviso, un gruppo di genitori, abbia protestato per impedirne la proiezione in una scuola media. Inoltre, non sono assenti dalle cronache, ancora oggi, episodi di bullismo pari o peggiori a quelli mostrati nel film. Tutto questo dimostra il bisogno di un cinema che sappia parlare di problemi che sono sempre presenti nella nostra società. Il ragazzo dai pantaloni rosa non sarà particolarmente significativo a livello artistico ma porta alla nostra attenzione una storia che vale la pena di essere raccontata e compresa, tanto dai grandi quanto dai più piccoli, affinché vicende come quella di Andrea Spezzacatena non si ripetano.
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