Regia di Margherita Ferri vedi scheda film
"Il ragazzo dai pantaloni rosa" è un film direttamente ispirato alla tragica vicenda di Andrea Spezzacatena, un quindicenne romano che nel 2012 si suicidò a causa del grave bullismo omofobico subito da compagni di classe e istituto. La storia che viene ad essere la base del film dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, la vergognosa arretratezza in cui per molti versi ancora si trova l'Italia, dove un paio di pantaloni rosa che il ragazzo amava indossare viene a rappresentare la mancanza di virilità, la eventuale "effeminatezza" (non è comunque dimostrabile che Andrea fosse davvero gay) da punire con offese di vario tipo, sfottò e aggressioni anche fisiche che si rinnovano ancora oggi e che vengono tacitamente avallate da tutte quelle forze, di varia provenienza, che continuano a predicare la presunta anormalità della condizione omosessuale.
Il film dunque affronta un argomento molto insidioso, parte da nobili premesse e può senz'altro essere considerato socialmente utile. La denuncia portata avanti dalla madre del ragazzo, Teresa Manes, risuona nelle immagini del film diretto da Margherita Ferri e sceneggiato da Roberto Proia, evita accuratamente toni sensazionalisti ma non arretra nel mostrare la cattiveria sadica di un gruppo di ragazzini che sentono il bisogno di umiliare un compagno in apparenza più fragile, che avrà una reazione che nessuno poteva prevedere. Venendo al film ed essendomi preventivamente complimentato per l'opera di sensibilizzazione svolta sul difficile, spinoso tema, provo ad abbozzare un giudizio in chiave estetica, come si fa solitamente nelle recensioni: si tratta di un ritratto svolto con molta partecipazione, tentando di rappresentare Andrea soprattutto nei suoi slanci vitali, con una buona organizzazione generale a livello espressivo, ma anche alcune semplificazioni ed enfatizzazioni.
La scelta di una voce off di Andrea dall'altro mondo che accompagna l'intera pellicola si direbbe un approccio non dei più oggettivi alla materia e forse evitabile, perché esposto alla pericolosa tentazione dell'eccesso di coinvolgimento emotivo, che la regia non evita, almeno a tratti, anche in fase di scrittura filmica, con alcuni ralenti e alcune scelte visive che tendono un po' troppo a sottolineare il conflitto di Andrea con i bulli, in particolare con Christian, caratterizzato in maniera corretta come un belloccio molto insicuro e piuttosto cattivello, e il nodo della inevitabile attrazione omosessuale di Andrea nei suoi confronti è svolto con efficacia. Dunque un film sostanzialmente corretto, appassionato ma con qualche incertezza a livello stilistico e nel plot (Andrea che con la sua amica Sara va a vedere Jules e Jim di Truffaut non è il massimo della verosimiglianza, considerati i gusti dei giovani di oggi); si apprezza la direzione degli attori, in particolare il protagonista Samuele Carino, che interpreta Andrea con estrema naturalezza e adesione, ma una menzione d'onore anche a Sara Ciocca, Andrea Arru e alla ritrovata Claudia Pandolfi, molto convincente nella parte della madre, con le scene fra lei ed Andrea che risultano fra le migliori del film, mentre la crisi coniugale col marito è svolta in maniera un po' frettolosa.
Nel complesso un film da vedere per i tanti motivi già esposti, il cui successo al box office sembra una buona notizia, anche se da vedere con una consapevolezza di rifiuto del bullismo e di crescita etica che purtroppo non tutti hanno, ed è inquietante l'episodio di insulti omofobi accaduto al festival di Roma, e anche nella sala dove l'ho visto c'era un gruppo di ragazzini che ha disturbato per lunghi tratti la proiezione fino all'intervento dei gestori del cinema, dunque i più giovani vadano preparati alla visione.
Voto 6/10
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