Regia di Mike Ott vedi scheda film
Se Alfie Allen ne esce come un attore monoespressivo incapace di dare profondità, nerbo o inquietudine ad un personaggio di tal fatta, la ragione sta probabilmente in una scrittura soporifera e priva di spunti che quel personaggio non ha saputo scavarlo a fondo.
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Il 19 aprile del 1995, un furgone carico di oltre due tonnellate di esplosivo fatto in casa esplose davanti all'edificio federale Alfred P. Murrah ad Oklahoma City, causando 168 morti e 672 feriti, per quello che si configura come l'atto di terrorismo di matrice interna più sanguinoso della storia degli Stati Uniti. In poco tempo, infatti, si individuò come colpevole il newyorkese Timothy McVeigh, un veterano della Guerra del Golfo, che dichiarò di aver agito per vendicare i fatti di Waco, e fu in seguito processato, condannato a morte e quindi giustiziato nel 2001.
Il regista Michael Ott parte da questo personaggio terribilmente reale, gli dà il volto di Alfie Allen, e gli si incolla per 90 minuti, in un film che vorrebbe fornirne un ritratto, documentare l'antefatto ed indagare le ragioni intime che lo portarono a concepire una strage. Al di là delle competenze tecniche maturate tramite una passione profonda per le armi nutrita durante il periodo dell'esercito, le ragioni del gesto vanno ricondotte al suo intimo odio nei confronti del governo federale, che viveva come un usurpatore della libertà individuali dei singoli cittadini, alimentato e indirizzato dal suprematista bianco Richard Snell, cui più volte fece visita in carcere, e che di fatto lo incoraggiò - instillando in lui il 'seme' - a fare "qualcosa" come rappresaglia nei confronti degli abusi del potere di cui egli stesso si sentiva vittima.
Se le visite al dead man walking suprematista Snell risultano di gran lunga la parte più interessante di questo McVeigh, probabilmente per il carisma emanato dal suo interprete Tracy Letts, tutto il resto fatica a trovare non solo un ritmo ma anche un senso, laddove la messa a punto del piano è fiacca come il personaggio stesso del suo compare Terry Nichols (Brett Gelman), mentre la divagazione amorosa con la barista divorziata Cindy (Ashley Benson), seppur ben condotta (la scena in cui ascoltano Rainbows and Ridges di Blaze Foley è intima e sensuale), a conti fatti sembra il lungo trailer di qualcosa d'altro, tanto dà l'impressione di essere scollata dal resto.
E se Alfie Allen ne esce come un attore monoespressivo incapace di dare profondità, nerbo o inquietudine ad un personaggio di tal fatta, la ragione sta probabilmente in una scrittura soporifera e priva di spunti che quel personaggio non ha saputo scavarlo a fondo.
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