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Il seme del fico sacro

Regia di Mohammad Rasoulof vedi scheda film

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La recensione su Il seme del fico sacro

di supadany
9 stelle

Di fronte alle ingiustizie, soprattutto se diffuse/reiterate nel tempo e arrivate a toccare livelli inaccettabili, tutti – nessuno escluso - sono chiamati a fare la propria parte. A non nascondere la testa sotto la sabbia e quindi a scendere in campo, facendosi sentire, adottando una prospettiva che lasci in disparte il passato pensando unicamente al futuro, che deve necessariamente essere diverso, frutto di un cambiamento radicale. Tanto più, queste prese di posizione devono emergere/avvenire quando la posta in gioco si fa elevata e anche se i boomerang diventano altrettanto evidenti, con il sistema dominante pronto ad attuare le azioni più inique/ributtanti pur di mettere a tacere qualsiasi disegno di opposizione.

Queste considerazioni valgono per le fasce più deboli, di norma più propense a muoversi, come per chi avrebbe molto da perdere, mondo dell’arte compreso, che dispone di strumenti in grado di appoggiare/divulgare/amplificare le rivendicazioni del caso.

Con Il seme del fico sacroMohammad Rasoulof si addentra nella carne viva della società iraniana, patriarcale e putrefatta. Non arretra, neanche di un unico millimetro, come già aveva fatto apertamente intendere con le sue produzioni precedenti, conscio di avere a disposizione l’ultima opportunità per agire attivamente/puntualmente sul posto, seppure abbia dovuto sfidare ostacoli considerevoli e aggirare - con un talento e una sapiente padronanza del mezzo cinematografico che solo un gigante può utilizzare con tale maestria - ostruzioni pesanti, che alla fine non hanno fatto altro che incrementare la portata, esauriente e dissidente, e la potenza, polifonica e tumultuosa, del contenuto di un’opera che, coadiuvando/soppesando/vivisezionando materiale di prima scelta, è destinata a lasciare un segno indelebile e a farsi menzionare nelle playlist dei migliori titoli rilasciati nel 2024.

Dopo una lunga carriera, Iman (Missagh Zareh) guadagna una promozione che lo porta a pochi gradini dal ruolo – da lui sempre agognato – di giudice, dovendo così fare i conti con una posizione eticamente scomoda, che lo obbliga a prendere decisioni sommarie nei confronti delle persone finite nel mirino del regime iraniano.

Nel frattempo, le piazze sono invase da manifestanti in rivolta e lo stesso Iman si ritrova in dissidio con le sue due figlie, Rezvan (Mahsa Rostami) e Sana (Setareh Maleki), comunque sia potendo contare sulla fedeltà di sua moglie Najmeh (Soheila Golestani), nonostante quest’ultima abbia visto di persona, con la giovane Sadaf (Niousha Akhshi), cosa succeda a chiunque si ritrovi nel posto e nel momento sbagliati.

La situazione sfugge definitivamente di mano quando la sua pistola d’ordinanza scompare nel nulla. In preda alla disperazione e fermamente convinto che il responsabile sia seduto alla sua tavola, Iman intraprende qualunque strada pur di venire a capo della situazione, arrivando fino al punto di far sottoporre moglie e figlie a interrogatori spietati per poi infine decidere di condurle fuori città per procedere lui stesso, con forme di violenza minacciose ed esplicite.

Comunque andrà a finire, per i membri di questa famiglia non sarà più possibile fare dietrofront.

 

 

scena

Il seme del fico sacro (2024): scena

 

 

Girato in piena clandestinità, particolare che rende più chiari tanti dettagli distintivi, Il seme del fico sacro è un’opera di incommensurabile compattezza, con una messa in scena inappuntabile e una progressione che non ammette compromessi, in grado di raggelare il sangue e di togliere il fiato.

Rompe subito gli indugi e dilaga lungo il suo imponente minutaggio (160 minuti che - a dire il vero - non si sentono minimamente), muovendosi con una giustezza categorica tra il versante pubblico (le proteste di piazza, con riprese dal vivo che trasmettono il messaggio con una efficacia migliore di fiumi di parole) e quello privato (la casa di Iman che si trasforma gradualmente in una prigione), evidenziando – un passo alla volta - le discordanze in irreversibile estensione tra le autorità, che non concedono alcuna modalità di contraddittorio, e un popolo oppresso, tra uomini (che comandano) e donne (che possono solo annuire), tra adulti, che accettano tutto di buon grado ogni scelta pur di mantenere lo status conseguito, e una gioventù che, potendo assaporare il progresso (gli smartphone concedono accessi al mondo esterno), pretende nient’altro che disporre di diritti fondamentali.

Mohammad Rasoulof procede per gradi, pone interrogativi stringenti (le risposte non possono che essere univoche) e mette con le spalle al muro, dimostrando non solo di tenere la massima attenzione al contenuto, ovviamente centrale, ma anche di saper governare e manovrare i codici di genere, spaziando da un dramma collettivo a quello privato, dal thriller psicologico, inquietante e devastante per come degenera senza consentire alcun tipo di appello, all’horror, espresso in una forma talmente reale, schiacciante e abissale, da lasciare impietriti e a bocca aperta.

Un film avvolgente e amaro, che si espande a macchia d’olio, che attecchisce e divampa, con un tasso di conflittualità che si ripresenta in svariate condizioni, personaggi che continuano ad aggiornarsi (Iman perde il senno, Najmeh non può che prendere atto di quanto sta succedendo) e una pressione costante/asfissiante perpetuata con il contagiri, per un piano inclinato sprovvisto di vie di fuga, con maglie che si stringono annullando alla radice qualsiasi tipo di riparo presumibilmente sicuro, scevro da soluzioni accomodanti, al netto forse di una redde rationem che si assume il compito di apporre una - inequivocabile e pertinente - pietra tombale su qualsiasi discorso.

 

 

scena

Il seme del fico sacro (2024): scena

 

 

In sintesi, con Il seme del fico sacroMohammad Rasoulof supera se stesso (il già ragguardevole Il male non esiste), mettendoci la faccia e assumendo posizioni lapidarie, tessendo una disamina corposa e irreprensibile, urgente e avvincente, che funziona alla perfezione dalla sceneggiatura fino all’ultima delle interpretazioni, tutte di essenziale importanza anche quando occupano pochi minuti, tanto complessa e articolata quanto trasmessa con modalità apertis verbis, che non lasciano il minimo dubbio.

Tra false promesse di benessere e sogni spappolati, macigni insostenibili e conseguenze estreme, privilegi e privazioni, promozioni e condanne, slavine fuori controllo e resistenze estreme, infezioni profonde e voci contrarie che non retrocedono, con fratture insanabili che richiedono – a gran voce – un cambio di rotta e un precipitato di ineffabile e chirurgica qualità.

Encomiabile e incombente, lucido e incisivo.

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