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Spectateurs!

Regia di Arnaud Desplechin vedi scheda film

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La recensione su Spectateurs!

di EightAndHalf
6 stelle

Un film per gli spettatori (non lo sono tutti i film?, forse no); un film sugli spettatori (qualche teorico riuscirebbe a dire anche qui: non lo sono tutti i film?, forse no); un film sul cinema, dal punto di vista di uno spettatore (il regista, Arnaud Desplechin), che vuole comunicare con gli altri spettatori. Lui guarda quindi il cinema e lo raggruppa in 88 minuti come se si trovasse “accanto” allo spettatore, in una comunione scopica d’intenti. E quindi Specateurs! (chiamata alle armi) è una carrellata di immagini, un film-saggio che dopo Cannes riempie gli schermi del Taormina Film Festival 2024, uno showreel su come si percepisce il cinema, su come si vive la sala, e soprattutto sulla democratizzazione delle immagini: dove si trovano, che fine fanno – nel caso delle domande più semplici – o addirittura cosa fanno alla realtà – quando le domande si fanno più toste. Desplechin vuole parlare a tutti, ma proprio a tutti: dalle domande più dirette agli spettatori (“dove ti siedi in sala?”, “il film che ti ha fatto piangere?”) al viaggio per incontrare Soshana Felman per ringraziarla di un suo evocativo pezzo su Shoah di Lanzmann ai tempi dell’uscita in sala (e lo videro solo i cinefili, al cinema Luxembourg erano in pochissimi a detta di Desplechin). E quindi Spectateurs! è una montagna russa, dal generalismo spettatoriale (sfidato a spada tratta: esiste?, o ogni spettatore è bello?) alla cinefilia intransigente, dalla bambina che cita un cartone animato all’aspirante regista che conta le inquadrature dei 400 colpi, da Accadde una notte a Notting Hill, niente gerarchie, niente regole. È forse però un po’ eterogenea questa diligente compilazione di riflessioni alte e basse? Questa eterogeneità non conferma forse alcuni schieramenti? O alcune disposizioni già note? Commuoversi rimane commuoversi, riflettere rimane riflettere, cuore rosso e materia grigia, e forse la speranza che lo spettatore si muova senza snobismi fra tutti questi frangenti. Un’utopia, bellissima, ma esiste?

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