Regia di Gints Zilbalodis vedi scheda film
Del genere umano, ormai scomparso, sono rimaste solo le tracce: artefatti che raffigurano enormi gatti in uno scenario apocalittico, segni inequivocabili degli effetti dell'antropocene. È in quel contesto che si muove un gatto nero, protagonista del film, che improvvisamente vede crescere il livello del mare fino a far quasi scomparire la terra. L'unico rifugio, per lui come per un cane, un capibara, un lemure e una gru, è un'imbarcazione di fortuna, novella arca di Noè senza il patri-arca (!).
Al suo secondo lungometraggio di animazione dopo Away, Zilbalodis ha l'indubbio merito di evitare la trappola del modello Disney, perennemente tesa all'antropomorfizzazione, e - al tempo stesso - di servirsi di una raffinata tecnica visiva a un passo dal realismo, enfatizzata dall'uso dei suoni tipicamente animali (per cui, ovviamente, non ci sono dialoghi). Ma il film non ha pressoché alcuno sviluppo narrativo e lo spettatore deve accontentarsi di seguire le peregrinazioni del felino e dei suoi sodali, tutti messi a servizio di una morale spiccia (nel momento bisogno, solidarizziamo tutti) a sostegno di un apologo a dir poco rudimentale di stampo ecologista, accompagnato da una poetica pelosa tesa a fare da esca per il sentimentalismo spiccio del pubblico.
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