Regia di Andrew McCarthy vedi scheda film
Andrew McCarthy non si nasconde e lo fa capire a chiare lettere: il termine "Brat Pack" (coniato nel 1985 da un giornalista che scrisse un pezzo sul magazine "New York") lo ha tormentato, perseguitato e condizionato per molti anni e questo documentario vuol essere una terapia psicologica (alternativa a quella di sdraiarsi sul lettino di uno strizzacervelli) da cui uscirne con una mentalità positiva e un ritrovato spirito. La strada che sceglie, quindi, è quella di rintracciare i vecchi compagni, discutere liberamente e apertamente con loro, dando sfogo alle proprie oneste sensazioni ed emozioni. Un approccio senz'altro apprezzabile. Non è e non vuole essere, quindi, un documentario che parla direttamente dei film della "banda dei monelli", ma piuttosto delle conseguenze per un attore o un gruppo di attori di venir etichettato/i (superficialmente, per convenienza, per ragioni di marketing, a volte anche per invidia, ecc.) in un certo modo. Ciò che accade spesso in ambito artistico, non solo nel cinema. Pur se contattati da McCarthy, due non hanno voluto partecipare al film, ovvero Molly Ringwald e Judd Nelson.
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