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Son frère

Regia di Patrice Chéreau vedi scheda film

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La recensione su Son frère

di joseba
4 stelle

Un film sull'urgenza dei corpi e la fallacia delle parole, sulla verità della carne e l'inautenticità del linguaggio: c'è di che gioire. E sommando a ciò gli autori evocati per chiarire la fisionomia tematica e stilistica di "Son frère" (Bresson, lo Zurlini di "Cronaca familiare" e i fratelli Dardenne), la gioia si ingigantisce rapidamente in esultanza. Sulla carta. Poi il film. Fin dalle prime battute si ha l'impressione di un'angolazione fuori asse, sfasata, addirittura equivoca. E' un'impressione che ha radici profonde, anteriori al posizionamento della mdp, anteriori allo sguardo. Eppure ha a che fare con una questione fondante e cruciale per lo stesso film di Chéreau (e non solo): il cinema da che parte si colloca? E' anch'esso vittima delle storture del linguaggio verbale, e perciò destinato a mentire, o al contrario può attingere alla dimensione segreta degli esseri, mettendoci in contatto con la loro impellente verità? Ebbene, a me pare che Chéreau faccia un cinema di corpi ma dalla parte del linguaggio, raccontando la loro evidenza senza assumerla compiutamente, mantenendosi a distanza di sicurezza, una distanza logica, letterale e letteraria. Talvolta Chéreau riesce a sintonizzare sguardo e materia - come nella sequenza "fenomenica" della depilazione, di toccante sensibilità, o in quella in cui Luc (Caravaca) accarezza le spalle e la testa di Thomas (Todeschini) con ineffabile naturalezza -, ma siamo assai lontani dalla intensità macchinica di Bresson o dalla struggente radicalità recentemente osservata nello sconvolgente "Twentynine Palms" di Bruno Dumont. Insomma, Chéreau pare contorcersi in un dissidio estetico che rischia di sfociare in malafede: rappresentare la flagranza dei corpi attraverso un cinema costruito, sillogizzante, tempestato di stridenti simmetrie. Persino la frammentarietà della struttura temporale sembra elaborata per riprodurre le emorragie, i tagli, le ferite vive di Thomas, in un gigantesco e forzoso spostamento analogico. Che sa di progetto. Chiudo con una vibrante confessione: grazie a questo film ho capito qual è la mia missione nella vita, assassinare i doppiatori.

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