Regia di Michael Winterbottom vedi scheda film
Ha vinto l’Orso d’oro a Berlino, ma è - come dicono a Milano - un pacco. Un pacco bomba, uno sguardo occidentale e colonialista sulle “cose” di questo mondo, che poi è un altro, lontano lontano, diverso diverso, che solo la disperazione, la fame, lo stomaco vuoto calamitano verso noi, verso un modello che non potrà mai sostituire nulla, sostituirsi a nessun altro. Attraverso il disperato viaggio del piccolo Jamal e del giovane Enayat, due pakistani che vorrebbero raggiungere Londra, Winterbottom si indigna come uno spettatore di una qualsiasi trasmissione d’informazione televisiva. Il suo non è film, è un reportage alla Sciuscià visto già mille volte, con tanto di voce fuori campo, falsa verità rielaborata in fiction astuta e reit(in)erante. Il suo “sforzo” non commuove, non emoziona, non provoca sobbalzi, non scatena polemiche. Pedinando una striscia di storia crudele contemporanea vorrebbe farci sentire addosso colpe e odori e scaricarsi la coscienza. Ma per capirne le origini, servirebbero altri “servizi”. Altalenante cineasta di quell’Europa che vorrebbe contrastare l’egemonia immaginaria yankee, Winterbottom - che tra l’altro usa la musica con la sensibilità di un impiegato orchestrale - dovrebbe rassegnarsi all’evidenza e scegliere definitivamente la via sentimental/intimista tipo Go Now, With or Without You, Butterfly Kiss o Jude.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta