Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Con Io non ho paura Salvatores ritrova la felice ispirazione dei bei tempi di "Marrakech Express" (1989) e "Turné" (1990). Dal punto di vista figurativo è sicuramente il miglior film del regista napoletano-milanese, con qualche scorcio ambientato in mezzo ai campi di grano di un giallo-oro abbacinante che ricorda "Riflessi sulla pelle" (1990) di Philip Ridley. Sul piano puramente narrativo vi è qualche sfasatura e qualche scena che sembra un po' per di più (il carceriere che balla Parole parole di Mina, un paio di svolte drammatiche nel finale), ma sorprende in maniera nettamente positiva l'insospettata ed eccezionale bravura di Salvatores nell'esprimere il mondo dei ragazzini, per di più ragazzini (così diversi da quel che dev'essere stato lui) di famiglie modeste di campagna. Il film tratta con sensibilità e compassione, anche grazie alla collaborazione alla sceneggiatura di Niccolò Ammaniti (autore del romanzo da cui è tratto il soggetto), le tematiche che spesso hanno fatto grande il cinema con protagonisti i ragazzini: l'amicizia, il tradimento, la paura dell'ignoto, lo spirito d'avventura, l'incomprensione per il mondo degli adulti. Ad una lode grande come una casa per l'autore della fotografia (Italo Petriccione) e per Pepo Scherman ed Ezio Bosso, autori delle belle e funzionali musiche originali (accanto alle quali si sente qualche pezzo d'epoca come "Lugano addio" di Ivan Graziani o "Liù" degli Alunni del sole), bisogna sottolineare l'eccezionale prova di tutti gli attori, a partire dai bambini (mi sono piaciuti in particolare Giuseppe Cristiano, Giulia Matturro, Fabio Tetta e Adriana Conserva), nonché la mostruosa prova d'attore di Diego Abatantuono, che grazie al trucco e alla sua recitazione interpreta alla perfezione un vero e proprio orco moderno.
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