Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Forse il miglior film di Salvatores, regista altrove discontinuo, ma qui decisamente ispirato. La trama derivata da un best-seller di Nicolò Ammaniti ha l'involucro del thriller, ma si tratta essenzialmente di un film su un'infanzia minacciata nella sua innocenza dalla scoperta del Male legato al mondo degli adulti e alla lotta per la sopravvivenza in un Meridione come sempre arretrato economicamente e culturalmente. Questa tematica è svolta con una finezza nel ritratto dei bambini protagonisti della storia che merita l'applauso; notevole anche la fotografia con le sue immagini di sterminati campi di grano immersi in una Natura non indifferente ai drammi dell'Uomo: le immagini conservano un fascino costante e non mi sembra che scadano nel formalismo fine a se stesso. Nella sua aura fiabesca e nella scoperta da parte del piccolo protagonista dei misteri della Vita e della Morte, mi ha ricordato il bellissimo film spagnolo "Lo spirito dell'alveare" di Victor Erice, anche se non sarei poi così sicuro che Salvatores lo abbia visto o si sia ispirato ad esso. Il piccolo Giuseppe Cristiano risulta spontaneo e credibile ed è stato diretto con intelligenza insieme agli altri bambini fra cui Mattia Di Pierro che fa il bambino rapito; fra gli adulti, Dino Abbrescia è bravo nel suggerire l'immaturità e la vigliaccheria del padre, così come la spagnola Aitana Sanchez-Gijon rende bene il dolore trattenuto e l'infelicità coniugale della madre. Abatantuono appare in una parte tutto sommato breve, ma riesce comunque a dare un buon contributo nel ruolo negativo del killer venuto dal Nord. Non ho letto il romanzo, ma il regista si è posto senz'altro in una posizione di grande rispetto verso l'opera letteraria e ha dato alla vicenda una credibile ambientazione lucana; in qualche passaggio i meccanismi del thriller tendono a divenire leggermente prevedibili, ma nel complesso è un'opera di rilievo per il cinema italiano degli ultimi anni.
VOTO 8/10
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