Regia di Spike Lee vedi scheda film
Spike Lee nella sua forma migliore. "La venticinquesima ora" è un dramma individuale in cui si rispecchia la coscienza americana del dopo 11 Settembre, è un film per molti versi cupo e disperato ma diretto con passione e rigore dal regista afroamericano, che qui abbandona momentaneamente la tematica razziale che è il cardine del suo cinema. La storia di Monty Brogan, spacciatore bianco che deve scontare sette anni di carcere per una soffiata che teme essere arrivata dalla fidanzata portoricana, è una nuova occasione per Lee di affrontare il caleidoscopio della società americana, le difficoltà di convivenza fra varie etnie, evocate principalmente nella scena del "fuck you" che è una delle più azzardate e coraggiose del film e dell'intera filmografia del regista di colore. In termini espressivi è un film originale, forse un po' verboso a tratti ma con brani di grande cinema come la parte finale della scazzottata che Monty pretende come favore personale dal suo migliore amico e del finale alternativo raccontato dal padre di Monty che tocca vette di sconsolato lirismo e non scade nel melenso. La fotografia di Rodrigo Prieto contribuisce a dare atmosfera e vivacità a molte sequenze, fra cui resta memorabile quella della discoteca, girata con grande padronanza tecnica e un concorso di attori di prim'ordine. Edward Norton conferma il talento già espresso altrove nel dare un rilievo dolente al suo Monty, personaggio che rimanda a certe figure del cinema di Scorsese nel suo tormento autodistruttivo, ed è benissimo affiancato da un giovane ma già grande Phillip Seymour Hoffman nella parte del professore e da Barry Pepper, attore che ho seguito poco ma in grado di brillare nelle sottigliezze recitative conferite al suo Francis. Peccato che sia stato ignorato dall'Academy e che non sia stato un grosso successo di pubblico in patria, perché Lee qualche rischio se lo è preso nell'uscire dal suo territorio abituale; menzione d'onore anche alle musiche di Terence Blanchard, sofferte e maestose che accompagnano con grande intensità il calvario del protagonista.
Voto 9/10
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