Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
Lo psicologo Chris Kelvin (George Clooney) riceve un videomessaggio da un suo amico, il dottor Gibarian (Ulrich Tukur), dalla stazione spaziale in orbita attorno al pianeta Solaris:
"Chris, posso immaginare che cosa penserai ricevendo un messaggio così, ti domando scusa. Ti sembrerà un po' melodrammatico, ma sei l'unica persona di cui possa fidarmi in questa situazione. Ho bisogno del tuo aiuto, ho bisogno che tu venga su Solaris. Non so come descriverti quello che stiamo vivendo quassù, non troviamo un accordo nemmeno su che cosa ci stia succedendo o su che cosa fare. Immagino che la soluzione più ovvia sarebbe andarsene, ma nessuno di noi vuole farlo".
Chris accetta la missione, arriva sulla stazione orbitante, scopre il cadavere di Gibarian ed interroga i due membri superstiti dell'equipaggio, Snow (Jeremy Davies) e la dottoressa Gordon (Viola Davis), da cui riceve esclusivamente risposte criptiche ed evasive. Inizia con Snow:
"Potresti dirmi che cosa sta succedendo?".
"Potrei dirti quello che succede, ma non so se spiegherebbe quello che succede veramente".
Poi è la volta della dottoressa Gordon:
"Perchè non siete tornati a casa? Che cosa è successo qui? Che cosa avete scoperto?".
"Di preciso chi rappresenti?".
"Rappresento l'ultimo tentativo di recuperare questa missione, prima di abbandonare l'astronave con tutti quelli che ci sono a bordo".
"Finchè non succede anche a te non ha senso parlarne".
Inquieto e sconcertato, Chris si ritira nel suo alloggio. E dorme, sognando sua moglie Rheya (Natascha McElhone), morta suicida alcuni anni prima. Al risveglio, però, la ritrova davanti ai suoi occhi, vera, reale, viva e soltanto in quel momento comprende il motivo dell'evasività dei due astronauti nel motivargli i misteri che aleggiano nella stazione. Misteri, tra l'altro, inspiegabili razionalmente: perchè il campo magnetico di Solaris irradia forze indecifrabili in grado di materializzare ogni desiderio inconscio della mente umana. Per Chris, la sua amata Rheya, della cui scomparsa si ritiene responsabile. La dottoressa Gordon lo avverte della natura di queste apparizioni:
"È uno sbaglio lasciarsi coinvolgere emotivamente da uno di loro. Ti sta manipolando: se lei fosse brutta non la vorresti, ecco perchè non è brutta. È uno specchio che riflette una parte della tua mente, sei tu a dare una forma".
"Ma lei è viva!".
"Non è un essere umano, cerca di capire questo, se ancora riesci a capire qualcosa".
Ma per Chris è impossibile riuscire a liberarsi dalla presenza di Rheya (nonostante abbia inizialmente, ed inutilmente, tentato di farla scomparire lanciandola nello spazio in una capsula di salvataggio), soprattutto perchè intravede nell'occasione che gli è capitata la possibilità di rimediare ai suoi errori del passato. La donna, però, scopre la verità sulla propria natura e decide di uccidersi:
"Non capisci? Io sono nata dal tuo ricordo di lei, è questo il problema, non sono una persona completa. Nel tuo ricordo tu puoi controllare tutto, quindi, anche se ricordi qualcosa di sbagliato, io sono predestinata a portarlo a termine. Ho un istinto suicida perchè è questo che ricordi di me, la mia voce ha il suono che ha perchè tu la ricordi in questo modo".
"Io non credo che siamo predestinati a rivivere il nostro passato, io penso che possiamo viverlo diversamente. Il giorno che sono andato via e tu hai detto che non ce l'avresti fatta, io non ti ho ascoltata perchè ero pieno di rabbia. Questa è la mia occasione per cancellare quello sbaglio e ora tu devi aiutarmi".
"Ma io sono veramente Rheya?".
"Non so, non riesco a capirlo. Io vedo solo te...".
Rheya, quindi, si uccide e Chris può tornare a casa:
"Terra. Perfino la parola mi suonava strana, ormai. Estranea... Quanto ero stato via? Da quanto ero tornato? Non aveva importanza, cercavo di ritrovare il ritmo del mondo in cui avevo vissuto, seguivo il flusso. Ero silenzioso e attento, mi sforzavo consapevolmente di sorridere, annuire, alzarmi e ripetere i milioni di gesti di cui è fatta la vita sulla Terra. Ho studiato questi gesti finchè non sono diventati di nuovo riflessi. Ma ero ossessionato dall'idea di averla ricordata nel modo sbagliato, di avere in qualche modo sbagliato tutto".
Ed infatti sarà proprio quest'ossessione lancinante a mutare la decisione finale di Chris...
A trent'anni esatti di distanza dal capolavoro di Tarkovskij tornano sul grande schermo, per la regia di Steven Soderbergh (e la produzione di James Cameron), le vicende ideate nel 1961 dal polacco Stanislaw Lem nel suo immortale, ed omonimo, caposaldo della letteratura fantascientifica, dal quale, però, il Solaris versione 2002, si discosta ampiamente: tutt'altro che un semplice remake (e non solo per il finale), infatti, il film di Soderbergh sceglie di rileggerne l'impianto allegorico-filosofico in chiave più intimistica e carnale, trasfigurando le speculazioni metafisiche dell'originale in una meditazione sul ruolo e le possibilità umane di rimediare agli errori della propria esistenza attraverso l'intervento attivo della coscienza (simbolicamente sollecitata dall'azione del pianeta). La storia d'amore tra Chris e Rheya, illustrata sapientemente attraverso il suggestivo incastro dei flashback che rievocano le vicende del passato alternandole con gli inquietanti misteri del presente, immersa nelle atmosfere lugubri e spettrali dei claustrofobici ambienti della stazione orbitante, è il pretesto per Soderbergh (autore anche della sceneggiatura) per affrontare le eterne tematiche di Amore e Morte, passando per una tutt'altro che banale riflessione sull'elaborazione del lutto. Tra omaggi e citazioni (dal Solaris di Tarkovskij, ovviamente, fino a 2001: Odissea nello spazio), però, il film finisce anche per impoverire oltre misura la densità di livelli e registri narrativi che ne animano le evoluzioni: e sebbene sia assolutamente ingiusto confrontare il film con il suo predecessore, appare inevitabile constatarne l'evidente inadeguatezza di toni e sfumature, ricondotti essenzialmente ad una semplice, quasi inutile, seppur affascinante, storia di fantasmi (e, come si lamenterà lo stesso Lem, relegando, oltre tutto, sullo sfondo il ruolo-chiave dell'Oceano vivente). Resta (e non è poco) lo smalto figurativo della messinscena, esaltato dalla splendida colonna sonora di Cliff Martinez (ex-batterista dei Red Hot Chili Peppers, alla terza collaborazione con Soderbergh dopo Sesso, bugie e videotape e Traffic), pulsante tripudio di elettronica minimalista, dalla magnifica fotografia, densa di tonalità livide e bluastre, curata, sotto pseudonimo, dallo stesso Soderbergh (come il montaggio, anch'esso firmato con uno pseudonimo ed altrettanto impeccabile), fino a giungere all'efficace prova del cast d'interpreti, dove svettano uno strepitoso Jeremy Davies nei panni di Snow e l'irresistibile fascino di Natascha McElhone.
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