Regia di Nicolas Philibert vedi scheda film
Ci sono due motivi per amare, difendere e consigliare “Essere e avere”. Il primo è squisitamente artistico: parliamo di un’opera importante e bellissima. Il secondo riguarda la distribuzione italiana: il film esce infatti in sessanta copie (sono tante, coi tempi che corrono) tutte in lingua originale con i sottotitoli. Qualche santo in paradiso ha dunque deciso di preservare l’integrità del lavoro di Nicolas Philibert. Se doppiato, ”Essere e avere” avrebbe perso moltissimo, perché le “voci” sono fondamentali e ben più necessarie del significato esatto delle “parole”. Il fatto che non tutto possa essere comprensibile - nonostante i sottotitoli - fa parte della poetica di Philibert, che lavora a stretto contatto con bambini anche piccoli che hanno un loro specifico linguaggio, non solo verbale, che noi adulti e spettatori dobbiamo “imparare” scena dopo scena. Dicevamo dell’opera: importante perché per la prima volta un documentario europeo (l’anno scorso c’era stato il precedente americano di “Bowling a Columbine”) ha un successo di pubblico inatteso e travolgente. Significa che esiste una sensibilità cinefila non del tutto anestetizzata dai blockbuster; significa che se intelligente e non arroccata su modelli cerebrali e incomprensibili, anche la “ricerca” può essere di massa. In questo senso Philibert ha esaudito un desiderio di tanti: un documentario d’autore che incassa venti milioni di euro, una cifra (quasi) alla Amélie. L’opera è poi bellissima perché racconta con sapienza e leggerezza un’esperienza - quella del regista e per estensione nostra - alla scoperta di un mondo che nella sua autenticità ha qualcosa di fiabesco. Una classe mista in una scuola di campagna. Le fantasie e i dubbi dei bambini più piccoli e quelli dei più grandicelli, al primo passaggio importante della vita (dalle elementari alle medie). Il rapporto con gli adulti, con il maestro, con la didattica e il gioco, con la stessa macchina da presa che non si nasconde mai eppure riesce a catturare emozioni e stati d’animo con “riservo” e pudore. “Essere e avere”, in definitiva, realizza un’utopia: quella di un cinema come atto morale attraverso il quale “crescere”. Divertendosi un mondo.
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