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Essere e avere

Regia di Nicolas Philibert vedi scheda film

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La recensione su Essere e avere

di Dalton
4 stelle

Un tempo ci furono la trasmissione "Non è mai troppo tardi" e le "Pubblicità Progresso" al fine di educare discoli (anche maggiorenni) un pò birbanti e peracottari: tali operazioni - d'origini istituzionali, perciò apodittiche - furono giustificate dagli assestamenti dei vari dopoguerra. Poi venne la pedagogia carica di pathos delle pellicole L'ATTIMO FUGGENTE e UN POLIZIOTTO ALLE ELEMENTARI, rispettivamente interpretate da due istrioni (o almeno reputati tali) denominati Robin Williams e Arnold Schwarzenegger. In questi due film, che riscossero un meritato successo di cassetta, i due educatori forgiarono rispettivamente introversi e/o mascalzoni (anche maggiorenni) ad un futuro più luminoso: il primo lo fece combattendo la tradizione, l'altro invece esaltò la disciplina: insomma, prodotti di un'epoca in cui si ammetteva ancora la superficialità e si poteva credere nelle ideologie. L'opera di Philibert - nata sulla fiducia produttiva scaturita dalle fortune di Michael Moore - pare un saggio di pedagogia di seconda mano e sfrutta due fattori determinanti: 1) il desiderio voyeuristico di tenerezza da parte di un pubblico anche maggiorenne oramai istruito solo dal Grande Fratello della Endemol, non quello di Orwell; 2 - la speranza della diffusione del cinema low budget francese da parte di critici e cinefili, che si sono sbizzarriti rispettivamente nei dizionari di cinema e nei forum a decantare aggettivi pregiativi del calibro di "esperienza unica" o "riflessione esemplare sul senso della vita". Gli interpreti minorenni, pedinati latentemente (o palesemente?) dalle videocamere (e dai loro genitori) si concedono con spontaneità: una volta, per avere un ricordo della propria infanzia scolastica, bastava fare le foto di gruppo. L'unico da encomiare in tutto ciò è il docente Georges Lopez, prossimo alla pensione, sicuramente al di sopra della media per saggezza ed impegno: costui, di sicuro scarsamente ricompensato per i meriti della sua carriera, si sarà fatto ingannare dalle finalità artistiche del progetto. I lenti piani sequenza sull'ambientazione bucolica amplificano la noia e la perplessità, non la riflessione o la raffinatezza: a mio modesto avviso, non sempre basta avere un'idea originale ed impegnativa (come magari è avvenuto con IL GRANDE SILENZIO, documentario assaaaaai più "coraggioso") per pretendere il riscontro del proprio lungometraggio. Già 30 anni prima, il documentario di Frederick Wiseman HIGH SCHOOL fu ben altra cosa; ma pur restando in terra francese, il diritto alla libertà dei fanciulli - teorizzata 70 anni prima (!) da Vigo in ZERO IN CONDOTTA - rimane ancora un miraggio ...

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