Regia di Nicolas Philibert vedi scheda film
Interessante ma non del tutto convincente esperimento messo in scena dal celebre documentarista Nicolas Philibert. Osservare una classe unica di una piccola comunità dell'Alvernia, nella zona del Massiccio Centrale nel corso di un anno scolastico e, soprattutto, rivelare l'importanza e la necessità dell'istruzione e dell'educazione in una società che sembra sempre più colpevolmente volerne fare a meno. Il risultato a tratti è esilarante (il goffo tentativo di fare una fotocopia da parte di due bambini, una semplice operazione di matematica che coinvolge un'intera famiglia, la preparazione di una frittata), a tratti emozionante (il dialogo tra il maestro e Olivier, preoccupato per la grave malattia del padre, tra il maestro e la taciturna Nathalie, il volto commosso del maestro mentre saluta i suoi ragazzi prima delle vacanze estive), a tratti illuminante (il maestro a colloquio con Olivier e Julien, dopo che i due hanno litigato), a tratti, purtroppo, estenuante e fin troppo rigoroso e lineare. L'innocenza, la spontaneità, la curiosità, la monelleria, la semplicità e la vitalità dell'infanzia hanno ispirato fior di cineasti: lo sguardo di Philibert è senza dubbio uno dei più acuti, lucidi, intelligenti, puri e realistici (alcune lezioni con i ragazzi sono esemplari e ottengono davvero il desiderato effetto di proiettare lo spettatore nella classe, riportarlo alla sua infanzia, evidenziare, come ha affermato lo stesso regista "l'essenza stessa dell'atto di insegnare, nonché quello di apprendere"), ma anche piuttosto asettico, freddo, alla lunga ripetitivo, didattico e didascalico, faticoso (gli episodi della visita alla scuola media o della gita scolastica, per esempio, sono superflui), tanto da rendere il suo film inesorabilmente lento come le due tartarughe che si vedono all'inizio camminare per l'aula. E' vero che, come dice Philibert, "l'educazione è lentezza, attendere, farsi carico" ma forse qui si esagera. "Gli anni in tasca" di Truffaut comunicava ben altra poesia e commozione e poteva contare su una messa in scena assai più fresca, affettuosa, agile e coinvolgente. Resta l'incisivo e sincero, forse leggermente idilliaco, ritratto di un maestro vicino alla pensione "che sa coniugare la gentilezza con l'autorità, la ragione col cuore" (Morandini) e che ha dedicato con passione e costanza la sua vita all'insegnamento e all'educazione, sacrificando il suo privato ma riuscendo a stabilire un rapporto privilegiato e reciprocamente arricchente con i suoi alunni, come lo stesso protagonista ammette. Da rimarcare anche le belle pagine incentrate sulla impegnativa vita quotidiana, fuori dalla scuola, (lavoro nei campi, pulizia delle stalle, agricoltura e allevamento degli animali) nel piccolo paese rurale in cui è stata girato il film. L'entusiasmo critico però pare spropositato. Sul tema mi è parso molto più bello ed importante "Ricomincia da oggi" di Bertrand Tavernier. Il titolo fa riferimento ai due verbi principali che ogni bimbo apprende all'inizio della sua carriera scolastica, "simbolo dell’essenza dell’apprendimento... il primo e più terreno fertile sul quale coltivare i sogni, le speranze ed il futuro di tanti bambini in crescita" (Nicolas Philibert). Incredibile trionfo commerciale in Francia dove è stato visto da quasi due milioni di spettatori. 3 nominations ai Césars (film, regia e montaggio per il quale è stato premiato), vincitore quale migliore documentario dell'European Film Award.
Voto: 6 e mezzo.
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