Regia di Nicolas Philibert vedi scheda film
Un bellissimo documentario, che ci ricorda il ruolo fondamentale, ma sovente dimenticato, del ruolo educativo.
È il compito più importante per un individuo, per una società tutta: eppure quasi sempre in fondo alle priorità, degli individui come dei governi espressi dagli individui. Che è, come dire, della società.
Mettere ciò in evidenza dovrebbe essere quasi inutile, poiché dovrebbe essere ovvio. Ma, in realtà, se tale compito non riceve l’alta e costante e onesta attenzione da parte dei mass media e dei governi, così come merita, allora bisogna sempre rinfocolare l’attenzione verso un’educazione seria. Se, a quel punto, non lo si fa, allora si dimostra che si ha interesse a tenere la gente istupidita e manovrabile, ignorante, come il capitalismo ha bisogno da noi. Ma così è successo anche in passato, per ogni totalitarismo (di nobiltà, di chiese, di dittature di destra e sinistra).
Ciò è necessario a dirsi: altrimenti non avrebbe senso celebrare un’opera come questa, che mette in luce l’importanza di un lavoro che del resto è quotidiano, non certo clamoroso. Un lavoro che può essere svolto anche male, da chi non ha passione morale seria, cioè per l’aumento della felicità media; da chi è lazzarone, e se ne aspetta solo uno stipendio; da chi è grossolanamente ignorante, al di là del titolo di studio, e non capisce che non basta la passione per educare bene, ma che ci vogliono contenuti sempre più perfezionati, oltre alla passione, che resta comunque l’ingrediente fondamentale, il lievito di ogni impresa umana ben fatta. Di quell’impresa, cioè, che lascia un segno di crescita profonda in chi l’ha ricevuta, di profonda gratitudine per un miglioramento delle condizioni reali della propria felicità. Condizioni reali della propria felicità che altrimenti non sarebbe stato affatto scontato avere.
Le situazioni ivi presentate sono le più trite, sotto un certo punto di vista: il bambino che piange perché a scuola gli manca la mamma; il bullismo dei più grandi; la competizione su molte cose, anche le più insignificanti; il presunto prestigio nell’assumersi le responsabilità dei “grandi”, come anche nel mostrare di essere competenti in generale; le tabelline come anche la grammatica… tutte cose semplici come fondamentali per la vita di un individuo, come anche la crescita lenta che richiede passaggi intermedi che siano ben curati. Dove ogni passaggio a vuoto è un problema per il futuro, vissuto come dolore da parte di chi ha vissuto tale passaggio a vuoto. Anche, e soprattutto, sotto l’aspetto educativo: il maestro è bravissimo nel cogliere le difficoltà emotive che compromettono parzialmente la felicità degli alunni, e che sono ancora più importanti delle difficoltà cognitive, che pure mantengono sempre un gran valore.
La quotidianità (la vita in cucina, tra fornelli e quaderni…), i ritmi della stagione e della natura, l’avvicendarsi delle vicende umane, anche le più dolorose (la malattia di un familiare…), la gioia della festa di compleanno, con la torta che sporca di cioccolato la bocca: tutti questi ingredienti sono qui appieno valorizzati, anche perché in gran parte sottolineati dal silenzio. Il silenzio di una ricostruzione onesta dell’emotività, dei bambini, dei loro genitori e del loro maestro; nonché dei rispettivi progressi e stasi.
Fatte le dovute precisazioni, questo è uno splendido esempio della "histoire evenementielle”: la storiografia degli Annales, non a caso francese. Splendida la sottolineatura della possibilità, e l’obbligo per almeno un’ora alla settimana, che alle medie gli alunni hanno per documentarsi con i libri della biblioteca: per informarsi, ovvero istruirsi dati alla mano, con tutta la fatica della ricerca che ciò implica.
Una storia dei semplici; scritta, senza disonestà intellettuale alcuna, dalla loro parte. Ne hanno diritto, del resto, in quanto sono la grande maggioranza; anche perché le minoranze privilegiate hanno solo interesse anche esse, a sentirsi all’interno di tale disegno educativo: infatti esso è ugualitario, sanamente democratico, cioè contro ogni privilegio, che poi può ritorcersi facilmente contro chiunque.
L’affetto, e la competenza asservita all’affetto, emergono come centrali: così dovrebbero essere nell’agenda educativa dei governi. Quasi mai lo sono stati. Sarebbe ora che lo siano. Sempre.
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