Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Una pellicola potente in grado di tradurre visivamente, plasticamente la tensione tra tempo ed eternità; tensione che diventa frizione tra uno sguardo incarnato ed uno, invece, assoluto, metafisico. L’utilizzo del bianco e nero e del colore è subordinato all’esigenza di comunicare queste due tipologie di sguardi: attraverso il bianco e nero le differenze tra gli enti all’interno dell’immagine subiscono una cospicua diminuzione numerica; a differenza delle immagini cromatiche, nelle quali gli elementi compositivi risultano nettamente distinti, anche in consonanza con l’abituale funzione discernitrice operata dal nostro apparato percettivo. Lo sguardo assoluto di Bruno Ganz e Otto Sander, i due angeli protagonisti, è infatti uno sguardo estemporaneo, che isomorfizza gli enti, cancellandone le differenze. Non tutti i limiti sono però abbattuti: se è vero che lo sguardo sub specie aeternitatis delle creature angeliche permette di percorrere ed oltrepassare senza soluzione di continuità i limiti che abitualmente esperiamo, primo fra tutti quelli situato al confine tra rappresentazione e realtà, come ben mostrato in una magistrale sequenza (che deve molto, oltre a registi dichiarati come Tarkovskij, a Mizoguchi e a Ford) nella quale un’auto oltrepassa confini spaziali, temporali e rappresentativi (si passa infatti dal tempo del racconto alla finzione cinematografica diegetica, per poi penetrare omogeneamente in immagini documentarie attinenti allo stesso periodo storico a cui faceva riferimento la finzione di cui prima); resta però come non tolta la percezione di una distinzione tra i pensieri del grande numero di comparse del film. Certamente i confini tra i pensieri vengono drasticamente assottigliati, tant’è che si può quasi parlare del mondo come di una totalità pensante, intesa come un’unificazione di tutti i pensieri individuali- una sinfonia di pensiero, potremmo dire-; tuttavia nel percorrimento di questa totalità si percepiscono le discontinuità individuali sottoforma di stili di pensiero che nascono dai diversi contesti in cui le persone si vengono a trovare. Attraverso l’occhio di una macchina da presa fluttuante nell’aria, spaesante,vertiginosa e assoluta, lo spettatore viene ad assumere la stessa prospettiva degli angeli, creature che guardano il mondo come a una totalità(esemplificativa è la scena del personaggio che funge da memoria storica del film, il quale si diverte osservando una scrivania piena di mappamondi, nella sezione astronomica di una biblioteca) e le cui uniche differenze percepite sono quelle attinenti alle emozioni(a cui corrisponde un diverso stile di pensiero) delle persone. Lo sguardo metafisico degli angeli è dunque onnisciente e parificatore ma nonostante ciò sensibile agli scarti emotivi degli uomini (a questo proposito si pensi a tutte le scene in cui gli angeli sia avvicinano alle persone, spesso in difficoltà, cercando, attraverso un sorriso di compatimento o una mano appoggiata sulla spalla, di infondere una guarigione in grado di convertire quel pensiero in qualcosa di migliore, mutandone quindi lo stile). A ribadire la fluttuazione assoluta dello sguardo concorrono inoltre alcune immagini che rappresentano la leggerezza, la sospensione a mezz’aria, come il battito d’ali iniziale o le scene durante l’esibizione della trapezista. Ma perché, dunque, esiste tensione tra la dimensione temporale e quella metafisica? Perché nel caso dello sguardo temporalizzato, una volta che si siano tastati i limiti dell’esperienza e le sue brutture( la morte ed il dolore) si percepisce la necessità di un altrove rassicurante in cui tali limiti non esistano; dall’altra parte lo sguardo assoluto sperimenta anch’esso l’insufficienza della sua condizione, ossia la mancanza del tempo, del piacere ricavabile dall’istante, dai sensi, dalla gravità. Ciascuna delle due dimensioni è dunque costitutivamente insufficiente, ricerca eroticamente la propria parte mancante per tentare una conciliazione e una fusione impossibili. L’Angelo invidia la condizione umana e l’uomo quella angelica. Il film però dirime la tensione nella seconda parte del film: l’angelo interpretato da Ganz riesce effettivamente a ritornare in vita e ad unirsi con la tanto agognata trapezista; il loro amore è però completamente simbolico, trasfigurato: chi si unisce sono il primo uomo e la prima donna, essi rappresentano la prima unione che ha dato vita all’umanità, l’origine del tempo e della storia, e ne ribadiscono l’importanza e la forza(dico ‘’ribadiscono’’perché la scena è ambientata negli anni ottanta, per cui l’origine di cui parlo non è un primo cronologico). In fin dei conti il film è un inno alla vita, al tempo e a tutto ciò che essi comportano.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta