Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Non ricordo esattamente l'anno in cui lo vidi per la prima volta comunque nei primi anni novanta. Ricordo quasi certamente che fosse un pomeriggio domenicale. Quello che ricordo sicuramente è lo shock vero che mi procurò la storia di David Mann. All'epoca non sapevo chi fosse Spielberg ne chi fosse Matheson e nemmeno conoscevo la storia del film. Quello che fù subito chiaro era la capacità di raccontare del regista, la capacità di trasformare la normale giornata di un automobilista in un incubo ad occhi aperti. Con il senno di poi è facile rivedere nell'esordio di Spielberg gli elementi del suo cinema, ma con il senno di allora quando hai tra i dieci e i quindici anni non ti stai a chiedere che cosa rappresenta l'autocisterna, entri e accetti la paura, credi che nel caffè il nemico sia dentro prima di accorgerti che è stato sempre fuori. Con il senno di poi è più facile capire perchè il regista abbia rispetto per i bambini e anzi li aiuti , perchè la loro visione pura incapace di vedere il pericolo è quella del bambino cresciuto Spielberg. Con il senno di allora fuori dallo schermo non c'è nulla che non sia un duello combattuto a colpi di clascon e accelleratori nel gioco tra preda e cacciatore che non ammette pareggi. Con il senno di poi è facile ritrovare nel film uno dei rapporti fondamentali del cinema del regista , il rapporto tra uomini e macchine, tra natura e cultura, dove il vero nemico è la tecnologia sempre più dominante e minacciosa quando non usata come strumento per la nostra comodità. Il vero nemico di David Mann è la cultura tecnologica usata per fare del male, usata come strumento di offesa disumanizzato, programmata per distruggere e non per capire, così come la soggettiva iniziale appare nella sua oggettività stradale bellissima e già un pò inquietante.
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