Regia di Rob Marshall vedi scheda film
Un musical modello anni '70 (il modello resta, mi sembra, "Cabaret", anche perché l'autore del musical teatrale è proprio Bob Fosse), ambientato a Chicago nella mitica era del Proibizionismo, che tenta però una strada nuova nella messinscena cinematografica. Fallendo totalmente, a mio avviso. Chicago città, se si esclude un fugace accenno alla fine del film, quando i titoli dei giornali trascurano le soubrette per parlare delle prime imprese di Al Capone, è totalmente assente, tanto che quasi si rimpiange l'ambientazione squallida della Las Vegas - che almeno c'era - di "Showgirls" (1995). E infatti alla fine il film dell'esordiente Rob Marshall sembra un malriuscito mix tra il film di Verhoeven, "Cabaret" e "Brubaker". Ci sono, è vero, soluzioni originali, come quella di raccontare le vicende del film in parallelo tra realtà e finzione scenica, ma l'unico numero davvero interessante è quello del ventriloquo, nel quale l'avvocato Gere suggerisce le risposte alla pupazzetta Zellweger.
Gli interpreti non sono assolutamente all'altezza del compito loro affidato: accanto a un Richard Gere (forse volutamente) goffo e ridicolo recitano, si fa per dire, Renée Zellweger che non lega le scarpe a Catherine Zeta-Jones, la quale, da parte sua, nonostante un immeritatissimo Oscar, non mi pare in grado di ballare e cantare (e per dirla tutta mi sembra anche un po' sciupatina). Il meno peggio è John C. Reilly nella consueta, per lui, parte del becco. Consueto per il cinema americano anche lo sfoggio di caratteristi di grande valore.
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