Regia di Gabriele Muccino vedi scheda film
Se i protagonisti di Ricordati di me avranno fatto ricorso al logopedista dopo l'interpretazione del film, agli spettatori si possono presagire danni quasi certi alla tromba d'Eustachio. Già, perché l'opera numero 4 di Gabriele Muccino è urlatissima, isterica, perennemente sopra le righe, in ossequio a quella che sta diventando la cifra stilistica precipua dell'autore: il cinema urlato. A sbraitare tanto è la famiglia Restuccia, padre e madre con figlio 19enne e figlia 17enne, tutti talmente afflitti da problemi di identità da far diventare un cliché la frase che riecheggia durante l'intero film: "come mi vedi?". Esponente dell'agiata borghesia romana, papà Carlo (Bentivoglio) ha velleità di scrittore, sua moglie Giulia (Morante) vorrebbe lasciare l'insegnamento per il teatro mentre l'adolescente Valentina (Romanoff) ha come unica meta un posto da soubrette. La ricerca di palliativi per uscire dal grigio delle rispettive esistenze darà risultati diversi e l'incidente occorso a Carlo, costretto ad una lunga degenza ospedaliera, riunirà - almeno momentaneamente - la famiglia.
Ancora una volta Muccino si propone come il cantore di una borghesia annoiata, come il ritrattista di un'umanità pavida che non ha mai, o quasi, il coraggio di una scelta risolutiva. Se ne L'ultimo bacio erano in pochi a saltare il fossato della prigione della coppia, qui soltanto il personaggio di Monica Bellucci, insolitamente dignitosa nel ruolo d'attrice, ha l'ardire di un cambiamento radicale. La voce fuori campo memore del cinema di Frank Capra e l'esubero di movimenti di macchina, dolly e carrellate danno una patina oleografica a un film senza spessore, interamente virato su un registro talmente enfatico da non essere affatto credibile.
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