Regia di Gabriele Muccino vedi scheda film
Ricordati di me. È un titolo, una speranza, un’incitazione, un imperativo, un valore assoluto del nostro tempo: apparire, essere qualcuno, valere qualcosa, lasciare un segno. Gabriele Muccino ragiona intorno a una delle regole effimere della modernità telematerialistica: i quindici minuti di notorietà di warholiana memoria non bastano più. Sono roba da sfigati. Lo dice il personaggio di Nicoletta Romanoff a Pietro Taricone, la cui fama si è volatilizzata al primo cambio di palinsesto. Il tema viene declinato secondo variabili generazionali, e con i debiti distinguo. Padre silenzioso e un po’ frustrato (Bentivoglio); madre attrice mancata, nevrotica, iperattiva, severa e petulante (Morante); figlio diciannovenne in cerca di un ruolo nel mondo (Muccino Jr.); figlia diciassettenne che sogna di fare la velina, la prezzemolina, la nastrina, insomma la cretina in Tv (Romanoff). Il padre ritrova la fidanzata dei vecchi tempi (Bellucci), sogna fughe d’amore e seconde possibilità. La madre resiste alla crisi di coppia tornando a recitare, ma le insicurezze la travolgono. Il ragazzino si innamora di una coetanea scafata e rischia la figuraccia. La sorella va a letto con Taricone e Silvestrin e alla fine ce la fa. Quante crisi di coppie massacrate dalla routine e dal benessere abbiamo visto al cinema? Milioni. E quanti ritratti di postadolescenti inquieti? Altrettanti. Il sospetto, con il regista romano, è che i suoi soggetti nascano dall’accumulo di luoghi comuni, dagli schematici ritratti generazionali (dopo i trentenni immaturi di L’ultimo bacio, ecco i quarantacinquenni irrisolti e i postadolescenti inquieti), dalle riflessioni semplicistiche stile rubrica di Alberoni. Del resto, l’autore si autoassolve citando addirittura Hegel: «La vera profondità sta in superficie». Sarà... Ma così si corre un grosso rischio, quello di ridurre i personaggi a “categorie”, casi da sondaggio, tipologie. Ecco allora l’uomo maturo che soffocato dalla routine si fa l’amante, o la donna frustrata che torna a coltivare i sogni del passato. Muccino è comunque regista di solido mestiere. Per carità, non un maestro, non il “nuovo Dino Risi”, ma un eccellente direttore di attori (qui recita anche la Bellucci, peraltro nel ruolo più coerente e moralmente migliore) e un notevole metteur en scène, alla francese, capace di trovare il raro equilibrio tra narrazione e rappresentazione. Meno ambizioso di L’ultimo bacio, più fluido nella costruzione - anche in proporzione alla complessità della sua struttura polifonica - Ricordati di me è un film che funziona. A patto di considerarlo un punto di partenza e non d’arrivo nell’ambito di un cinema popolare orgogliosamente “medio” .
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta