Regia di Gabriele Muccino vedi scheda film
Gabriele Muccino genera un 'parente stretto' del “L'Ultimo Bacio”, ma dai toni più scuri e pessimisti. Con il solito eccesso caricaturale dei personaggi che sembrano esplodere dai cliché che li incorniciano, dipinge con amara ironia il ritratto di una famiglia nel pieno di una crisi esistenziale.
L'introduzione del film mi piace moltissimo, quasi geniale, sopratutto la regia e il commento della voce fuori campo che ci presenta la famiglia Ristuccia. Inizia dall'esterno facendoci vedere dove abitano nel quartiere residenziale alto-borghese di Roma, decine di piccole finestre inondate dalla luce dell'alba che danno il senso di una certa eleganza decadente. La voce fuoricampo dice: “Una volta era il quartiere dei gerarchi fascisti. Poi è diventato il quartiere dei liberi professionisti. Ora è il loro quartiere e basta”. La telecamera si aggira lentamente attraverso il quartiere quasi per farci immaginare quale famiglia 'bene' possa vivere in quei ricchi appartamenti e poi ... l'interno ... sino ad arrivare con una telecamera che sembra galleggiare sino al soffitto della camera da letto dei coniugi Ristuccia. Le immagini ci sollecitano un percorso di deduzione che va dal generale al particolare. Tutto si arresta ... la coppia dorme ... Li inquadriamo dall'alto che dormono. La telecamera scende veloce sino a stringerli in un piano a due. VOCE NARRANTE: “Questi sono loro. Carlo e Giulia. Giulia e Carlo. Sotto di loro il materasso testimone di quel poco che ancora vi succede … Sono le sette e ventotto. Tra dodici secondi si ricorderanno di essere vivi”. In sovrimpressione appare un timer di una sveglia. Segnala il conto alla rovescia.
Ecco introdotti i protagonisti. La pronuncia di questa frase indica una pausa, uno spazio che decreta un silenzio, come se l'attenzione dello spettatore deve essere catalizzata. Questa prefazione sottile e accogliente, ci aiuta a capire che spieremo i protagonisti nell'intimo, già dall'inizio MENTRE DORMONO (insolito non vi pare?). Quando il timer giunge allo zero si riparte da ‘zero’, la mattina è ‘una pagina vuota’, un'opportunità. Poi il risveglio della famiglia Ristuccia, aggressivo, di routine, scoraggiante; si coglie subito il CONTRAPPUNTO tra la calma del sonno e la tempesta della vita di tutti i giorni. La voce fuori campo ci chiarisce il malessere di ciascuno dei membri della famiglia, fornendoci i particolari sull'indifferenza e sulle logoranti angosce dei protagonisti:
- Il padre Carlo (Fabrizio Bentivoglio) da giovane sognava di diventare uno scrittore famoso e poi si è sacrificato a lavorare per una finanziaria.
- La madre Giulia (Laura Morante) avrebbe voluto fare l’attrice, ma ha preferito la più sicura professione dell’insegnante, si sente una frustrata.
- Valentina (Nicoletta Romanoff) è la figlia adolescente ossessionata dal desiderio di divenire una celebrità ed è disposta a tutto.
- Paolo (Silvio Muccino) è alle prese con gli esami di maturità e le prime cocenti delusioni sentimentali.
Giulia riprende a tentare di recitare in un piccolo teatro, Carlo si rioccupa del suo incompiuto romanzo e ritrova una vecchia fiamma, rimettendo in gioco i suoi sentimenti. Ognuno a suo modo cerca di fuggire dalla soffocante noia della vita borghese, ma un drammatico imprevisto riporta tutti alla realtà. Muccino dipinge un ritratto critico della famiglia borghese italiana, sottolineando sino a rendere caricaturali molti luoghi comuni. Semplicemente presenta il più vile dei panorami domestici. Mostra il lato ripetitivo della convivenza, la noia della vita quotidiana, l'isolamento dei membri della famiglia che si parlano, anzi si gridano addosso, ma senza comunicare. Mostra situazioni senza sviluppo come l'inutile festa di Paolo e il mondo immorale dello spettacolo di cui Valentina è vittima e allo stesso tempo artefice per partecipare al vacuo show televisivo “Alì Babà”.
Tutti si sentono disperatamente soli e, non sapendo stabilire relazioni autentiche con gli altri componenti della famiglia, cercano a loro modo di uscire dall'incubo di una vita che sembra avviarli sulla via dell'OBLIO (da qui il titolo del film). Tutto nella famiglia sembra andare allo sfascio quando un incidente ricomporrà un certo buon senso (??) e un'idea di unità (??). Pertanto, l'unica possibilità di soluzione e redenzione viene dall'esterno.
E’ un racconto sulle aspirazioni soffocate e sulla vita complicata e deludente che appartiene a molti.
La famiglia di Muccino è una delle tante … sembrano persone che conosciamo perché tratte da cliché, o almeno così ci pare, perché a sostenerci di meno, a strapparci con la violenza della noncuranza le nostre aspirazioni sono spesso i nostri amici e parenti più cari.
Bellissima la scena finale quando i quattro si dispongono per la foto di famiglia alla festa di Capodanno, per convincersi di avere un momento di credibile felicità, ma anche lì Muccino sadicamente zooma sul viso di Carlo e (Fabrizio Bentivoglio) ci regala un triste sorriso di circostanza che vale più di mille parole.E su quel suo sorriso tirato e impossibile da non notare, richiesto da tutti i familiari per la fotografia, si scrive la parola fine ad un dramma che fine non ha. “L'edificante ma illusorio quadretto familiare che chiude il film è pronto a infrangersi di nuovo, perché le solitudini e le paure che dividono i protagonisti sono ben lontane dall'essere superate”.
Oltre alla straordinaria bellezza di Monica Bellucci e alla fine bravura di Laura Morante, capace come poche di dare un elevatissimo senso di irrequietezza anche allo spettatore, ci tengo a sottolineare l'altissima performance interpretativa di Fabrizio Bentivoglio, capace di plasmare un viso stanco, una faccia da cane bastonato e occhi imploranti così veri che non sembra di vederli in un film. Questo significa essere un grande attore!
E’ un film “reality show”? (Non esiste come genere) … perché la telecamera spia, ruba frammenti di vita quotidiana solo al fine di rivelare le meschinità comuni alla gente ‘comune’ che compone la classe media italiana.
Gabriele Muccino come Monicelli?
Voto: 8.
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