Regia di Alexander Payne vedi scheda film
Il tramonto di un uomo non più giovane e tutto sommato egoista, il quale in un breve lasso di tempo si ritrova senza attività lavorativa (poiché è appena andato in pensione), senza moglie (che muore all'improvviso) e senza l'amore della figlia, che ha deciso di sposare un uomo senza qualità e di restare a vivere in un'altra città. Il pensionato riceverà, alla fine, un attestato d'affetto soltanto come frutto di un gesto di generosità compiuto tempo addietro, quasi senza accorgersene, cioè l'adozione a distanza di un bambino africano, fatta quasi per riempire un vuoto esistenziale.
Il film è tutto incentrato sul personaggio di Schmidt (lieve variazione sul nome più diffuso d'America), interpretato da Jack Nicholson, che in età avanzata sembra avere imparato a tenere a bada il proprio estro istrionico. E tuttavia proprio questo personaggio avrebbe potuto essere approfondito meglio dal copione. Ma l'impressione è che non sia esattamente la descrizione del carattere di Schmidt che interessa al regista, il quale punta piuttosto alla rappresentazione di un'America squallida e sciatta, nonché figlia spirituale di una mitologia mediocre e violenta, le cui divinità ancestrali sono Buffalo Bill, che sterminò i bisonti, e i pionieri, che fecero piazza pulita dei nativi delle praterie. Questa surrettizia mitologia fondativa è riassunta da una stele che riporta il motto
"I CODARDI NON SONO MAI PARTITI,
I DEBOLI SONO CADUTI PER STRADA,
SOLO I FORTI SONO ARRIVATI.
QUELLI ERANO I PIONIERI."
Payne è un regista intelligente e filtra con l'ironia la materia narrata (basta confrontare questo About Schmidt con il mediocre Qualcosa è cambiato, di James L. Brooks, con il medesimo Nicholson), come si vede spesso confrontando le immagini e le parole del protagonista, che racconta le proprie vicende al piccolo Ndugu, il bambino africano adottato a distanza.
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