Regia di Feng Xiaogang vedi scheda film
Con Donald Sutherland come sempre efficace e generoso nella sua recitazione, il film non poteva passare inosservato. Non è stato di certo un film da botteghino, e anche la critica non ci ha fatto una malattia. É un piccolo film che osa molto, sia in termini stilistici che in contenuti. La morte del più grande regista americano (Sutherland) invita due giapponesi a farne un evento mediatico senza precedenti. Il risultato è un’esilarante commedia, girata tra il documentario e il film classico (infatti è interessante come finzione e realtà si passino elegantemente la palla per tutto l’arco del film), in cui il grottesco è più che presente, e in cui la critica alla cultura dell’immagine fine a se stessa e più potente che in altre pellicole. L’ignoranza, la tristezza, l’inumanità, che sostiene le azioni dei protagonisti ci fa sì sorridere grazie alla loro simpatia, ma non può tenerci indifferenti all’insensato progetto mediatico. Un progetto che annulla la dignità umana (e di rispecchio quella del lavoro cinematografico, che dovrebbe essere arte e non solo businness). Dopo questa pellicola, non si può accendere la tv e non avere un minimo di rigetto verso i reality-show, i salotti degli amici, e i siparietti politici che continuiamo orridamente a vedere. Il rifiuto in me c’era già, ma ogni volta che vedo pellicole come questa ho precise conferme.
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