Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Come molti film di Avati degli ultimi anni, lo si guarda volentieri ma non è indimenticabile. La storia e il protagonista ricalcano abbastanza quelli del bello "Una gita scolastica". Forse però delle Piane era più bravo di Marcorè: a volte è forse troppo "minimalista" (non saprei come esprimermi) nel recitare, troppo silenzioso e amorfo nel modo di parlare. Il soggetto comunque deve interessare non poco il regista, il quale può averci messo dentro più di qualcosa di autobiografico. Detto questo, i lati positivi del film sono in certe scene tra i due "innamorati" e nella definizione di certi personaggi. Lei, ad es., è la perfetta bellissima ma inaffidabile, volubile, attratta da "quell'idiota" (come dice il padre) o da altri idioti. Il suo interesse nel professorino è quanto mai superficiale, contingente, persino strumentale. Vuole far ingelosire il suo ex, forse ha bisogno di un po' di tenerezza, forse vuole scacciare la noia. Fatto sta, che se ne dimentica come non fosse mai successo niente, e lui rimane lì incredulo con l'amaro in bocca. Interssante anche il presonaggio del suo ex, per quanto poco si veda. Lo stesso Marcorè, precisato quanto sopra, non è male nel ruolo dell'ingenuo, un po' bambinone, ma impulsivo e estremo fino all'autolesionismo.
La ricostruzione d'epoca questa volta è meno riuscita di altri film del regista bolognese; è un po' freddina, di maniera, e non ha la minima aura di nostalgia. I dialoghi sono cosparsi da tante minuscole pizzicate al clero e al papa, ma fanno pensare più a un rigurgito spontaneo degli sceneggiatori più che ad un attacco conscio e programmatico. Anche i prelati stessi, comunque, per poco che si vedano, sono ritratti con disprezzo e tutti gli stereotipi negativi sul clero.
Il finale non mi è piaciuto molto, mi sembra un po' troppo sarcastico e cinico. Tuttavia se ne riceve la stessa identica sensazione di amarezza che danno molti altri finali avatiani, specie "Ma quando arrivano le ragazze?" e "La via degli angeli".
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