Regia di Leonardo Van Dijl vedi scheda film
CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: JULIE HA UN SEGRETO
Non c’è niente da fare i titolisti italiani nel cinema sono come i titolisti dei giornali, estrapolare e sintetizzare una frase che porta di se un qualcosa di morboso e scabroso riguardante la tematica affrontata rispetto al titolo originale che inquadra perfettamente lo stato d’animo della protagonista e il suo percorso emotivo nei 100 minuti di film.
E così Julie è silenziosa si trasforma in Julie ha un segreto, e il silenzio dietro quale si blinda e si protegge la protagonista vittima di abusi sessuali diventa un segreto da custodire spoilerando praticamente il suo stato d’animo.
Vincitore di due premi alla Semaine de la critique a Cannes 2024, Julie ha un segreto vede protagonista una talentuosa tennista in erba che nella settimana che precede la sua selezione nella Federazione Tennis Belgio Juniores viene travolta dallo scandalo che coinvolge il Circolo dove gioca e si allena.
La tennista simbolo si suicida e l’allenatore viene sospeso fino alla fine delle indagini, quell’allenatore che è anche la guida non solo tecnica di Julie.
Cosa c’è dietro questa morte? La pressione psicologica che uno sport come il tennis imprime ai ragazzi o c’è qualcosa di più che coinvolge la sfera emotiva e sessuale dentro il rapporto allenatore-atleta.
Il regista Leonardo Van Dijl decide di raccontare questa storia evitando di puntare sul lato scabroso della vicenda e di portare lo spettatore al nodo della questione attraverso i silenzi di Julie, la sua faccia che è una sfinge, il suo corpo che esprime rabbia in ogni colpo che la racchetta infligge alla pallina, la macchina da presa è tutta su di lei, non si vede mai il suo avversario proprio perché il suo vero nemico è un qualcosa di invisibile e subdolo che si cela dietro la persona di cui si fida di più.
Per portarci dentro questo tormento interiore, il regista ha scelto un vero talento del tennis under 16 come Tessa Van den Broeck che usa il suo fisico, lo stressa e lo tortura pur di farci vedere la sua anima.
Chi sia aspetta il furore, la carnalità e la passionalità estrema del Challengers di Luca Guadagnino rimarrà deluso. Leonardo Van Dijl lavora di sottrazione, per lui il tennis è la metafora di una persona da sola contro tutto e tutti ma soprattutto contro sé stessa. Julie è criptica, non si fida di nessuno proprio perché è stata tradita dall’unico punto di riferimento nella sua giovane vita. Intenso e forte il confronto al bar tra Julie e Jeremy (il suo allenatore) dove non dicono niente ma dicono tutto. Dove la frase “Mi hai chiesto di smettere e io ho smesso” riecheggerà fino all’ultimo fotogramma.
Come nella canzone di Diodato, il silenzio innaturale di Julie fa un rumore incredibile. Ci colpisce ma non ci coinvolge.
Il regista sceglie volontariamente di non indignarci, ma di renderci dei semplici spettatori della freddezza che ci può essere dietro a un dolore così duro da sopportare.
E lo fa con il tennis, uno sport che richiede una disciplina spartana e una gestione delle emozioni che ti rende simile ad un automa.
Sinner Docet!
Voto 7
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