Regia di Joaquin Luis Romero Marchent vedi scheda film
Non è poi nemmeno così particolarmente violento ed efferato rispetto ad altri western dalle venature truculente o apertamente horror, come molti dicono. Di particolare ha che quello uno crede sarà poi il terribile vendicatore protagonista, viste quante gliene fanno e subisce dai fetentoni di ergastolani scortati in un paesaggio innevato, il siculo Claudio Undari/Robert Hundar, muore a metà film. Di più ha che c'è, unica presenza femminile, la mitica attrice spagnola di Eloy De La Iglesia, Emma Cohen, una superfica del cinema quinqui e dell'erotico iberico anni '70, qui abbastanza camuffata da intabarranti cappottoni e cappellacci, visto pure il clima particolarmente invernale e rigido, che non le evita comunque il solito stupro e ludibrio dei già segnati psicopatici e assassini, capaci di ogni turpitudine. E davanti al padre Undari sopraffatto, legato al soffitto e massacrato di botte, tanto per non farsi mancare proprio nulla in campo di efferatezze tipiche del filone.
Joaquin Luis Romero Marchent di già lunghissimo corso nel paella western di co-produzione italiana e non -come qui, che non arrivò mai ad una distribuzione cinematografica italiana, e mai è stato doppiato-, cercava nel 1972 alla parabola ormai discendente del genere di fare qualcosa di diverso e calcato nei toni e negli eccessi, forse come richiesto dai produttori ai suoi stessi sceneggiatori.
E il tentativo è uno strano ibrido, che mutua la ferocia dei personaggi cattivi, la loro anche belluina esagerata idiozia, oltre che il finale in cui nessun buono vince o ha la meglia, dal certo enormemente superiore "Il Grande Silenzio'' di Sergio Corbucci di quattro anni prima, anche per la unica protagonista femminile silente e ferita testimone, delle violenze efferate e brutali dei protagonisti, ma principale motore del definitivo, distruttivo finale.
Che per la fotografia cupa con abbondanza di scene alla luce crepitante del fuoco, tra forti chiaroscuri e l'ambientazione tra boschi e sentieri nella neve, baite e capanni di neve.
Curiosamente, ma dato il personaggio non ne può essere ovviamente esclusa l'ispirazione, per i personaggi quasi tutti negativi e custodi di un torbido personale, pericolosi detenuti incatenati e scortati da un uomo di legge per un penitenziario o la forca, dal passato di ognuno tramite flashbacks che va ad intersecarsi nel composito spazio ristretto della baita in un concentrato di azioni, che li coinvolge tutti nel presente, e dell'unica ma centrale giovane donna, non si può non avere l'impressione di percepire qualche atmosfera da "The Hateful Eight".
Intitolato anche "Cut-Throats Nine" , dal numero dei nove criminali tagliagole protagonisti, per il mercato internazionale, anglofono.
Ted_Bundy1979
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta