Regia di Rithy Panh vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 77 - CANNES PREMIÈRE
Cambogia 1978: da tre anni rinominata Kampuchéa Démocratique, il paese si trova sotto l'egida del tiranno Pol Pot e della sua armata di seguaci fanatici noti come Khmer Rossi.
Il dittatore ha reso il paese economicamente esangue e circa due milioni di persone, oppositori del regime, sono stati uccisi brutalmente, vittime di un autentico genocidio perpetrato ai danni di chi non è d'accordo.
Tre coraggiosi francesi accettano l'invito del regime e si recano in Cambogia, nella speranza di poter documentare qualcosa di interessante e sognando di poter intervistare Pol Pot.
Si tratta di una giornalista esperta di quell'area geografia, un coraggioso fotoreporter, ed un simpatizzante delle teorie rivoluzionarie di quella fine anni '70.
La realtà che i tre riusciranno a percepire è quella di un paese che ha smesso di sperare in un autentica rivoluzione democratica ispirata ai valori della libertà e dell'individualismo, angheriati da un costante controllo voto a mettere al bando ogni iniziativa singola mossa da una più che legittima forma privata di iniziativa, data per inevitabile ed essenziale in una prospettiva geografica totalmente differente e lontana.
Rithy Panh torna a documentare gli orrori perpetrati dal sanguinario regime dittatoriale di Pol Pot, ma stavolta sceglie di alternare la visione scenica magnifica dei suoi pupazzi e delle minuziose ricostruzioni stilizzate di sfondi, paesaggi e situazioni storiche realmente occorse, già apprezzati nel capolavoro de L'immagine mancante (2013), con una narrazione più tradizionale, che vede coinvolti, tra gli altri, due star francesi di richiamo come Grégoire Colin e Irène Jacob.
Due attori molto amati dagli autori, non a caso divenuti da giovani gli attori feticcio rispettivamente di registi come Claire Denis e Krzysztof Kieslowski.
Certo il film non entusiasma e sconcerta quanto il dirompente L'immagine mancante, e si ritrova talvolta invischiato in situazioni rese meno potenti da sin troppa retorica dilagante.
Ma l'atto di denuncia è ancora una volta sacrosanto e potente, necessario per tenere viva la memoria su pericolosi individui in grado di ergersi a leader fantomatici per perpetrare stragi e persecuzioni di cui è piena la storia umana sul pianeta, ma che i posteri tendono troppo facilmente a dimenticare.
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