Regia di Sean Baker vedi scheda film
Anora(Mikey Madison) lavora come spogliarellista in uno strip club di Brooklyn.Il suo lavoro prevede anche “servizi di Escort” ed un giorno gli capita come cliente Vanja (Mark Ejdelhstejn),il giovane figlio di Nicholas Zakharov (Aleksej Serebrjakov), un potente e ricchissimo oligarca russo.Il ragazzo chiede di passare sempre più tempo con Anora e finisce per innamorarsene.Un giorno, durante un soggiorno da sballo a Las Vegas,Vanja gli chiede di sposarla.Anorasì affezionasinceramente a lui, è colpita soprattutto dalla sua bonaria spavalderia, ma l’unico motivo che la spinge ad accettare la proposta di matrimonio e la prospettiva di diventare una donna ricca.Ma non ha fatto i conti con l’ira dei genitori del ragazzo,che partono direttamente dalla Russia per ripianare i danni del figlio immaturo. Soprattutto la madre(Darja Ekamasova) èdecisa ad ottenere l’annullamento del matrimonio.Così, nel vortice di situazioni “inconsuete” cheAnora si trova adaffrontare, l’unica persona che gli dimostra un'umana simpatia è Igor (Jurij Borisov).
Anora (2024): Mikey Madison, Mark Eydelshteyn
Rispetto alle vesti “tenacemente” indie dei lavori precedenti (dei quali ho visto “Starlet”,“Tangerine”,“Un sogno chiamato Florida” e “Red Rocket”), tutti più o meno attraversati da un apparente esilità narrativa e da un' atmosfera di calcolata approssimazione stilistica, per “Anora” Sean Baker si spinge verso una più accurata organizzazione della messinscena pur conservando la medesima attitudine a lavorare sui personaggi donandosi quella libertà d’azione non condizionata dall’impulso "ricattatorio" di farceli piacere ad ogni costo. La fotografia, le location, la gestione dei personaggi, l’uso del montaggio, sono tutti aspetti che danno più sostanza narrativa di quanto possa sembrare.
“Anora” attinge ad un espediente narrativo tipico delle favole : quello della “povera” ragazza che d'incanto riesce a salire sul carro che porta al regno della felicità. Ma al posto del lieto fine allineato al più classico “e tutti vissero felici e contenti”, il suo sviluppo annega ogni illusione nel mare del disincanto. Anora coltiva per qualche giorno il sogno di essere una moderna Biancaneve, ma lei non è nata per diventare una principessa più di quanto non riesca a rimanere una ragazza in affitto. Il mondo che vive non dà sfogo ai sogni di pensarsi realizzati, al limite può offrirgli qualche scorciatoia per vedere da vicino cosa significa possedere il potere di compravendita dei propri desideri. La ricchezza rende tutto simile al “paese dei balocchi”, perché ogni cosa può essere declinata in ragione dei propri desideri e servire al soddisfacimento di ogni piacere. È impossibile non amarla quando con essa qualsiasi controversia può essere risolta a buon mercato e con i rischi a carico solo della parte debole della contesa.
Una volta andata in sposa al figlio di un oligarca russo, e appurata la facilità con cui Vanja ha potuto lusingare i suoi propositi di riscatto economico, ad Anora è parso impossibile non immaginarsi ormai al sicuro nel suo agognato posto al sole. Ma al giorno d’oggi, ad avere la meglio sono sempre quelli che hanno qualche via d'uscita sempre a portato di occasione, quelli che possono ripulire ogni volta una vita fatta di vizi, eccessi e sberleffi con la stessa facilità con cui si può cambiare canale con un telecomando.
Con queste premesse narrative, “Anora” finisce per caratterizzarsi come un film in cui, all'estetica della messinscena costruita per far risaltare quanto la mediocrità umana volgarmente ostentata abbia messo solide radici nell'andamento delle cose nel mondo, fa da contraltare un'etica umanista polarizzata intorno a due caratteri che tra di loro sono opposti e simmetrici insieme : da un lato, c’è chi dall’edonismo imperante cerca di speculare il più possibile finché il gioco regge, dall’altro lato, c’è chi può alimentarlo a piacimento perché è così che ci si diverte di più e meglio.
Questa polarizzazione è rinvenibile nella stessa struttura narrativa del film. Infatti, ad una prima parte caratterizzata da sesso, alcol, balli e sballo portati avanti come se non esistesse un domani, segue una seconda parte dove la spada del disincanto taglia a fette, tanto l'alterigia facilona del “tipico figlio di papà”, quanto ogni pretesa ottimistica di resistere alla perdita delle migliori speranze. Anora assorbe in sé ogni cosa, finendo per assurgere a figura emblematica di quel quadro sociale molto più ampio che emerge dai (dis)valori del postmoderno.
Anora è certamente partecipe della degradazione in fieri, lei usa la bellezza del suo corpo per soggiogare le più torbide inibizioni e speculare sui desideri libidinosi. Ma ogni sua velleità di riscatto è messa in riga dal potere dei soldi che tutto può corrompere, la fugacità dei piaceri sessuali come l'autonomia di pensiero, la serietà d’atteggiamento come l’affacciarsi di sentimenti sinceri. Anora non può essere diversamente da quello che è perché la giostra su cui ruota la sua esistenza così vuol che sia.
Anora si è sicuramente legata a Vanja solamente per i soldi, del resto, il suo lavoro da escort la porta a convivere con un tale spreco di soldi che meritarsi più delle briciole cui è abituata gli è sembrato il minimo. Ma questo non gli impedisce di salvaguardare la sua integrità di donna contro chi crede che con i soldi si possa comprare anche la sua dignità. Una cosa è scegliere la vita che si è scelto di condurre, un’altra e consentire ad altri che trasformino questa scelta in un un fatto irreversibile buono sempre e comunque.
Anora ha volontariamente acconsentito a lasciarsi “affittare” da Vanja per stare per una settimana intera alle sue esclusive disponibilità. Ma ciò non gli ha tolto la capacità di osservare quanto possa essere volgare è improduttiva la ricchezza quando si manifesta in nome e per conto dell’arbitrario decisionismo del più forte. Di marcare la differenza tra chi gioca con la vita e chi si prende gioco della vita.
Insomma, questa polarizzazione è dentro le cose del film, nel suo intreccio narrativo e nell'organizzazione della messinscena, tra le luci al neon che colorano a festa i momenti di sballo sfrenato e i chiaroscuri opacizzati che vestono di amarezza tutto l'epilogo della vicenda. Quando serve per fare di “Anora” un film innevato da un fondo di tristezza anche quando è percorso da tanta ostentata allegria, di farsi dramma contemporaneo per come delinea la ricchezza sguaiata di mediocri di successo, ma di essere anche un’opera grottesca per come, in fondo, se ne prende gioco.
A tal proposito, più che Vanja, i cui vizi e vezzi gli hanno alienato ogni contatto concreto con la vita reale, più che i suoi genitori, tragicamente espressione di un tempo ammalato di accumulo di poteri, più che i loro inservienti, servili per partito preso, a emergere come figura estremamente interessante nell'economia del film è Igor, il più goffo e anonimo tra gli scagnozzi in terra americana dell'oligarca russo. Lui osserva sornione ogni cosa, rimanendo per tutto il tempo una figura discreta ,come inattesa dei possibili sviluppi. Eppure, è l'unico che dimostra di possedere dei sentimenti non interessati. E non è un caso che Igor condivida con Anora il bellissimo finale del film, insieme in auto ad ascoltare i rispettivi silenzi. Fino ad unire i loro corpi, come a volersi scambiare un po' di leale gratitudine. In una vecchia auto sgangherata che non è più la limousine presa a noleggio, in mezzo a una gelida giornata di neve che contrasta con le suite climatizzate degli appartamenti lussuosi, in una metropoli dimentica di loro, lontanissima ormai dalla sfavillante Las Vegas prodiga di speranze. L’unico finale possibile per dichiarare che le favole non abitano più questo mondo.
Concludo nel ricordare (abbastanza banalmente lo so) i tanti premi vinti da “Anora” (Palma d’oro a Cannes e ben 5 premi Oscar). Ecco, che siano o meno premi meritati è un fatto che mi interessa molto poco, tanto i premi quando le discussioni in merito sono questioni che mi hanno sempre appassionato poco.Ciò che mi interessa è sempre il cinema in sé, con la sua peculiare attitudine ad usare il linguaggio delle immagini in movimento per offrirci chiavi di lettura sulle cose mutevoli del mondo. E credo che “Anora sia un film importante per come sa entrare in connessione con quel cinema del “postmoderno” (e penso ad autori come Glazer, Ostlund, Sorrentino, Jude, tanto per citarne alcuni) capace di mostrarci come il genere umano stia affogando in superfice.
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