Regia di Luca Mazzieri, Marco Mazzieri vedi scheda film
Argomenti pesanti ripresi da sguardi leggeri. L’inesorabilità del cancro, l’esistente adolescenziale nudo e crudo, i sempre più impervi rapporti tra padri e figli registrati con agile levità. Non tutto è farina di quelle che Giuseppe Bertolucci ama definire «api digitali che ronzano attorno ai personaggi, alle storie, alle atmosfere». Bisogna anche saperle muovere e agitare, addirittura provocarle queste nuove creature dell’universo virtuale. E Luca e Marco Mazzieri, già sorprendenti debuttanti allo sbaraglio con “I virtuali”, avvicinandosi con rispetto, le hanno domate e, al contempo, si sono fatti conquistare. Regalando al loro dolente film (in parte autobiografico), una sincerità difficilmente riscontrabile sugli schermi e tra gli autori di oggi. C’è aria (filtrata, non citazionistica) di “Prima della Rivoluzione”, con una Parma plumbea e severa che, in più di un’occasione, si illumina di coraggiose (in)sofferenze. C’è Bellocchio e i pugni sono fuori dalla tasca, pronti a prendersi un pezzetto di vita. Due volti al primo chiarore della loro alba professionale (Davide Pasti e Gallianne Palayret) contrapposti allo stratificato talento di Lina Sastri e alla sicura presenza scenica di Massimo Wertmuller, Elisabetta Pozzi e Marisa Mantovani. E almeno un paio di solchi segnati da tracce che ci piacerebbe vedere più spesso: la morte della madre, la rincorsa finale per strada di Matteo verso Julienne. Partiti da Zavattini, i Mazzieri sono approdati a(i) Bertolucci, passando per la passione secondo il cinema.
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