Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Dopo tanto parlare finalmente è arrivato il più atteso dei film di Martin Scorsese e, purtroppo come spesso capita, si può parlare di una piccola delusione. Non si può dire che "Gangs" sia un brutto film: teso, appassionante, violentissimo, per nulla noioso (il che è un grande merito vista la durata), a tratti potente (la dura ed impressionante sequenza di apertura, sconvolgente per forza e vigore, l'ultima mezz'ora, con le sommosse contro la leva obbligatoria che devastano New York, alternate allo scontro finale tra Amsterdam e Bill, certi dialoghi tra i due protagonisti: Bill racconta ad Amsterdam tutto il rispetto che provava per suo padre, l'unico uomo d'onore da lui ucciso). Al di là però di singoli episodi, il film è anche il più impersonale tra quelli diretti dal grande Martin; certo tornano tutti i suoi temi più cari, ma trattati in maniera piuttosto convenzionale e prevedibile, così che il film scorre tutto lungo i binari dell'ovvietà. Prevedibile è l'assunto di fondo: l'America è nata per le strade, dalla violenza e dal sangue; prevedibili sono il desiderio di vendetta, l'odio e il rancore che animano Amsterdam, il quale ha visto uccidere il padre da bambino; prevedibili lo sviluppo e l'epilogo della vicenda (mentre sarebbe stato molto più interessante e "scorsesiano" l'approfondimento del rapporto, quasi come tra un padre e un figlio, tra Amsterdam e Bill, con conseguente possibilità di perdono), nonché alcuni passaggi (l'amico che tradisce, perché geloso, che poi però, si pente e pagherà con la vita); prevedibile la cattiveria, quasi grottesca di Bill il macellaio; prevedibile e molto debole, anche se inevitabile (necessario, tra tanto sangue un pizzico di romanticismo) la storia d'amore tra Amsterdam e Jenny (e qui si vede la zampino dell'onnipresente Miramax che probabilmente voleva creare un nuovo Titanic); prevedibili e un po’ deja vu il degrado e la bestialità che dominavano la New York di quegli anni; infine prevedibili la corruzione e l'arrivismo dei potenti, sempre pronti a schierarsi con i più forti per ottenere i loro risultati (ma almeno questo permette la battuta più bella e attuale del film: "non sono le schede che fanno vincere, ma gli scrutatori"). Forse Martin ha dovuto cedere troppo alle pressioni dei produttori (la Miramax ormai è la rovina di tutto il cinema), snaturando in parte il suo grandioso progetto e scendendo ad inevitabili compromessi, anche per recuperare almeno parte dei tanti soldi spesi; forse ha sentito troppo sua la storia, e così come spesso capita per il film della vita non è riuscito a mantenere quel rigore e quella passione coinvolgente che hanno reso capolavori quasi tutti i suoi films; o forse, più semplicemente, siamo noi spettatori che ogni volta che ci troviamo di fronte ad un suo film pretendiamo da lui sempre qualcosa di inedito e memorabile che si differenzi dalla mediocrità generale che caratterizza buona parte del cinema moderno. E anche dagli attori Scorsese non è riuscito a trarre il meglio: Leo Di Caprio, sicuramente il migliore di tutto il cast, ha uno sguardo troppo imbronciato, rabbioso e cupo, in contrasto con il suo volto angelico; Daniel Day Lewis, alle prese con il ruolo molto "facile" di Bill il macellaio, gigioneggia oltre ogni dire (da Oscar?!? ma non scherziamo, Day Lewis era molto più bravo ne "L'età dell'innocenza") ed in alcuni tratti ricorda i vezzi del peggior De Niro; la Diaz, infine, alle prese con il ruolo più scontato, non sembra per niente a suo agio nei panni ottocenteschi, soprattutto nella prima parte: è decisamente più brava e convincente nelle commediole volgari e stupidotte che tanta fama le hanno dato. Quanto alla ricostruzione in studio della New York di quegli anni è semplicemente grandiosa, ma questo si sapeva già. L'unico autentico colpo di genio è il finale, già ampiamente annunciato dai mass media (quanto male fanno al cinema) e quindi non più sorprendente, quando sulle macerie della New York di ieri si sovrappone lo skyline della New York di oggi pre 11 settembre: vengono i brividi e per un attimo si prova quella fortissima emozione che avremmo desiderato avere per tutto il film. Resta un'opera importante e generosa, ma anche imperfetta e un tantino retorica: peccato!!
Voto: 6/7
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