Regia di Gary Winick vedi scheda film
Si possono fare anche oltreoceano bei film in 14 giorni con quattro soldi e una telecamerina digitale. Magari ispirandosi a Truffaut, scegliendo un attore che somiglia a Jean-Pierre Léaud (segnatevi il suo nome, Aaron Stanford: ne risentiremo parlare) e tuffandosi nelle calde atmosfere di mezza stagione della Grande Mela. “Tadpole” (che significa “girino”, nel senso della rana) ha tutta l’aria infatti di un remake di “Baci rubati” immerso nell’autunnale New York di un Woody Allen senza l’ansia della battuta. Oscar è un quindicenne colto e precoce che adora Voltaire e tutto ciò che è francese (curiosamente, quanto e come il protagonista di “Che ora è laggiù?” di Ming-liang). Ama segretamente la sua matrigna, ha un padre insegnante di storia alla Columbia University e non sopporta le sue coetanee. Tanto è vero che, tornato a casa per il Giorno del Ringraziamento, finisce nel letto di una matura quarantenne amica di famiglia. Tra sapide e dotte citazioni che inframmezzano il placido racconto, musiche che spaziano da Trenet (guarda caso autore anche della canzone tormentone di “Baiser volés”) a Paul Simon, da David Bowie a Charles Aznavour, un “Laureato” laureando con una media voti che punta decisamente al 110 e lode e all’abbraccio accademico.
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