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Mamma ti ricordo!

Regia di George Stevens vedi scheda film

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La recensione su Mamma ti ricordo!

di luisasalvi
6 stelle

Brutta traduzione lacrimevole di I remember Mama, che ha ben altro senso: Catherin, aspirante scrittrice, riceve da una affermata scrittrice il consiglio di descrivere solo cose che conosce bene, scrive un racconto sulla mamma, ricordando la propria infanzia e crescita guidata da lei, e ottiene il successo. Mi pare il migliore e certamente il più interessante film di Stevens, di cui propone la summa poetica: Catherin scrive, parla della propria scrittura e delle letture (sempre presente Dickens, naturalmente!) e dei giudizi sull'arte narrativa, riducibili al proposito di commuovere il pubblico drammatizzzando ogni evento e di suscitarne i buoni sentimenti; analogamente Il diario di Anna Frank finisce con la  ripetuta volontà di credere che comunque la gente è fondamentalmente buona; non ho verificato se tale volontà era dichiarata nel testo, ma resta significativo il fatto che Stevens l'abbia scelta e ripetuta per concludere il film. Aggiungerei che riserve, caricature e critiche, per quanto benevole, sono riservate solo agli europei, in Il dolce inganno (Inghilterra del secolo precedente), qui e in Il diario di Anna Frank, mai o molto poco e con tono più morbido verso gli americani. La sorella la accusa: "ti piacciono troppo i drammi", "a te piace trasformare tutto in dramma"; il padre la definisce "la figlia drammatica". La scrittrice dà anche come monito per avere successo (non per fare arte, che non viene presa in considerazione!) la sincerità, ma risulta costantemente attenuata o stravolta da tutti, compreso il regista; in realtà tutti i personaggi e gli ambienti di Stevens sono basati sulla menzogna, radicata e radicale; tutti mentono, anche mentre raccomandano la sincerità. La madre vorrebbe dire la verità alla figlia preoccupata per il suo gatto che sta morendo, ma poi il gatto rinasce e la figlia ne attribuisce il merito a lei, che ancora una volta vorrebbe smentirla ma non lo fa, e il film lascia intendere che sia meglio così; poi è la madre stessa a rimproverare l'altra figlia che ha detto una verità dolorosa a Catherin, ma proprio questa volta sembra che la verità sia stata utile; a Stevens non sembra interessare una risposta né la mancanza di risposta, bensì solo il proporre una situazione drammatica che poi si risolve nel vogliamoci bene, e un tema, come tanti, di interesse comune; evita risposte non per insegnare a non darne, ma per non scontentare nessuno. Anche per il giudizio letterario (e quindi anche sui film) ciò che conta è il successo, che non può che essere meritato. Il lieto fine conferma la bontà dei personaggi. La base è sempre il presupposto puritano, ma già biblico, che Dio premia il merito e che quindi il fortunato è buono e meritevole. Perfino in Anna Frank il padre prega ringraziando, dopo un bombardamento, per il fatto che Dio li ha ritenuti meritevoli di essere ancora conservati in vita. Contro ogni logica, oltretutto, da parte del regista che racconta a posteriori ben sapendo che sono finiti tutti in campo di sterminio. Ma tant'è: non c'è logica né evidenza che possa ledere il fondamentalismo benpensante.

Verso la fine, in famiglia c'è subbuglio per la nascita di 15 piccoli, che il pubblico non può che attribuire al gatto, con qualche perplessità dato che la sorellina che gli era affezionata lo chiamava Elisabeth ma gli altri assicuravano che si trattava di un gatto maschio; solo dopo qualche altra battuta di dialogo risulta che si tratta di coniglietti, di cui non si era mai parlato prima... Sempre lo stile di Stevens, un po' facile e ripetitivo.

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