Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Uno dei quattro o cinque film fondamentali per un’idea di suspense cinematografica, scarno e diretto sul piano tematico-narrativo, notevole per cura e ideazione di scenografie ed effetti speciali, ottimamente sostenuto da un cast all’altezza, da una regia rigorosa e sapiente, Alien è un film che ha l’accortezza di non esibire ma di insinuare (il pericolo, il mostruoso, e soprattutto, le sue attrazioni). Qualità queste, che successivamente la maggior parte dei film ad esso ispiratasi ha prevedibilmente mancato. I primi e primissimi piani sottoposti alla tortura dell’inesplicabile e incontrollabile materializzano la nullità cosmica degli umani e la proiettano sottoforma di tensione agli spettatori inermi. In Alien il pericolo (e la tensione conseguente) non giunge da ogni punto (come ne Lo Squalo, dove l’oceano sempre uguale a se stesso e impossibile da abbracciare con lo sguardo è più claustrofobico di qualsiasi vano o stanza), ma dai margini d’ombra, dal non vedibile, dalle illusioni e allusioni visive, dal dettaglio sfuggente, in contrasto con il terrore impresso e continuo sui volti dei personaggi. Come nel film di Spielberg, in ogni caso, è l’inquadratura ad essere claustrofobica, il nostro stesso occhio. Non lo spazio di per sé (ambientazione), ma la sua organizzazione. La “lentezza” del film è un valore aggiunto, la tensione scivola piano come la presenza del mostro nell'astronave-trappola, come il sudore delle cavie umane sacrificabili. La perfezione glaciale, micidiale e lucente dell’alieno si condensa dai mondi oscuri e abissali inaccessibili alla scienza, alla tecnologia, ad un progresso terrestre limitato quanto l’evoluzione etico-spirituale dell’uomo. Un gioiellino del cinema industriale dunque, ma anche un film eccessivamente “pulito”, ben congegnato, troppo “cinematografico”. Alien non è un horror fantascientifico che eccede, che cova in se stesso germi destabilizzanti di follia, un film in cui la forma è inquieta e scossa dalla sua materia e/o viceversa. Il suo limite è questo, trattare l’ignoto in modo ordinario, senza compierne e subirne l’esperienza. Un’opera fredda e razionale, a metà tra il prodotto perfetto e lo scrigno d’arte. Scott non è Carpenter o Cronenberg, Alien intimorisce e inquieta, ma non lascia ferite e segni sullo spettatore. Al di là della sua eccellente patina visivo-narrativa, e di quanto è stato ricamato sui suoi significati, non riesce davvero a contaminare in modo osmotico e perturbante le nostre cellule emotive alla dimensione dell’incubo e dell’innominabile.
***½
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta