Regia di Robert Schwentke vedi scheda film
Del cinema tedesco si dice peste e corna. Del resto sono anni che la Germania non stupisce con un film o con un autore. Il segreto dell'insuccesso? Semplice, basta concentrarsi solo sulla fiction Tv (e quella tedesca è la più venduta d'Europa) e dimenticarsi della Settima Arte. Onore quindi al regista Robert Schwentke, laurea in filosofia a Tubinga, che per primo cerca di superare l'estetica opaca da ispettore Derrick con un thriller anche visivamente interessante. Un giovane poliziotto è costretto da un superiore a infiltrarsi nei bassifondi per cercare sua figlia, scappata di casa da anni. I due sbirri faranno dei begli incontri. Un killer spietato, un'affascinante testimone, un viscido collezionista di incisioni sulla carne e una serie di vittime alle quali viene sezionata la pelle tatuata. “Tattoo” immerge lo spettatore in un'atmosfera da incubo, quasi vorrebbe “far male”, trasformare cioè i tormenti della percezione in malessere fisico. Molto postmoderno, ma anche molto derivativo. I più appassionati del genere (ma basta aver visto “Seven” per essere degli esperti), infatti, avranno gioco facile a prevedere i colpi di scena e il finale, identità dell'assassino compresa. Comunque, ci si diverte.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta