Regia di Dong-hoon Choi vedi scheda film
Sci-fantasy, lo si potrebbe definire, nella misura in cui si basa sull’incrocio di due ben distinti immaginari fantasmagorici, dai confini che la contingenza di una trama può rendere labili. E Alienoid di Choi Dong-hoon su quel tipo di accumulo eterogeneo si basava, nel 2022, l’incontro ai vertici weird di un mondo di magie e incantesimi medievali e di un mondo dell’invasione aliena in stile ultracorpi. Una scusa per ricercare, in una macchina industriale dell’intrattenimento sudcoreano che di soldi ne ha certo da spendere, come anche solo a livello visivo possano convivere le due cose: la levitazione degli stregoni del ‘300 e i neon furibondi delle astronavi, i salti volanti alla King Hu e lo sferragliare dei pugni fra i robot. Alienoid 2, che dalle ceneri cliffhanger del primo capitolo parte, è altrettanto ostinato nell’imporsi di sondare questo limite. Ma non solo impiega più tempo per gettare le basi di set pieces che rendano urgente questo sondaggio – nonostante duri meno del primo capitolo, il ritmo è latitante – ma è anche la riconferma di un formato che è emulo di altro, e che non crea ma combina, preferisce agglomerare che non sintetizzare, col risultato di una soluzione mai davvero miscelabile. Passi l’anonimato della regia di Choi, che fa convergere in modo marvelliano tutti i suoi rivoli narrativi avanti e indietro nel tempo con la logica tayloriana del lavoro in serie, ma anche le più strambe scelte di contenuto sono sempre come incorniciate dentro una muscolarità esangue, l’effetto patinato di una macchina metallizzata che si vanta di non poter essere scalfita ma che non può contenere e trasportare davvero nulla. Senz’anima è la locuzione banale ma giusta che evita ulteriori giri di parole.
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