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Il prigioniero del terrore

Regia di Fritz Lang vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il prigioniero del terrore

di ethan
8 stelle

 

Stephen Neale (un ottimo Ray Milland nelle vesti dell'uomo della porta accanto che si trova immerso in eventi che paiono inspiegabili) esce dal manicomio e prima di far rientro a Londra in treno si ferma da una fiera di beneficenza popolata di strambi avventori, dove una stravagante indovina gli legge la mano, poi indovina il peso di una torta, aggiudicandosela come premio ed infine, sale su un vagone vuoto ma è raggiunto da un (finto) cieco che approfitta del trambusto provocato dagli scoppi delle bombe - siamo in pieno conflitto bellico - per sottrargli il 'premio' e scappare giù dal treno. Stephen lo rincorre nella campagna e viene preso a revolverate, ma nei pressi di una capanna, l'uomo viene colpito da un ordigno e salta per aria. Questo è solo l'inizio di un'intricata matassa che si complicherà sempre di più, tra sedute spiritiche, sedicenti associazioni a fin di bene, personaggi equivoci che muoiono in una scena per poi miracolosamente riapparire più in là, altre esplosioni, inseguimenti, agguati, sparatorie e un lieto fine che ha dell'incredibile. 

'Ministry of fear' - tratto dal romanzo 'Quinta colonna' di Graham Greene e sceneggiato da Seton I. Miller - è un delirio visivo, un caleidoscopio di immagini su cui Fritz Lang sviluppa il tema 'hitchcockiano' dell'uomo comune che si trova, suo malgrado, invischiato in una faccenda più grossa di lui. In questa spy-story, che costituisce il terzo lavoro che appartiene alla quadrilogia antinazista, niente è ciò che sembra e dalla prima straordinaria scena nella casa di cura, dalle atmosfere ovattate, passiamo a quella nella fiera e poi in treno, dove sembra proprio di essere dentro ad un sogno, con personaggi e situazioni che non seguono un benché minimo filo logico e lo stupore del protagonista è lo stesso dello spettatore: le scene si susseguono con ritmo cadenzato, per poi procedere con dei sussulti e scoppi di violenza incontrollata e tanti passaggi e sviluppi del plot che parevano sconclusionati od incongruenti, man mano che il film procede ma soprattutto ad una più attenta (o a una seconda) lettura, prendono un loro significato.

Resta il fatto che la trama è poco più di un pretesto e il microfilm nascosto nella torta o nella giacca di un cospiratore nazista è un vero e proprio McGuffin, che serve all'autore per creare sequenze di grande perizia registica - basti pensare a quella della seduta spiritica, con squarci di luce nell'ombra, e alla resa dei conti finale, con il proiettile che, aprendo una piccola fessura nella porta, forma un piccolo fascio di luce - e la storia passa così in secondo piano.

Ciò che più premeva al cineasta austriaco era, come sempre, l'esito dal punto di vista stilistico e, pur non essendo tra i suoi capolavori, 'Prigioniero del terrore' non è certo un lavoro minore.

Voto: 7/8 (visto in italiano e v.o.).

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