Trama
Presentato in concorso a Cannes 2025, il film Eddington ci catapulta nell’estate del 2020. In una piccola città del New Mexico, il conflitto tra lo sceriffo conservatore Joe Cross (Joaquin Phoenix) e il sindaco progressista Ted Garcia (Pedro Pascal) accende la miccia di una crisi profonda. Isolati nella pandemia, i cittadini di Eddington si dividono, si radicalizzano, si perdono. In gioco non c’è solo la costruzione di un centro dati all’avanguardia, ma il futuro stesso del vivere insieme.
Nel suo quarto lungometraggio, Ari Aster trasforma un paese di 2.345 anime nel teatro simbolico del disfacimento sociale, tra tensioni politiche, teorie del complotto, derive identitarie e una paranoia generalizzata in cui la verità sembra sempre sfuggire.
Il film Eddington è un moderno western paranoico. Non ci sono cavalli né fuorilegge, ma smartphone, data center, feed social e guerre ideologiche combattute a colpi di meme e sospetti. È un’America post-pandemica raccontata come una febbre collettiva: nessuno è eroe, nessuno è davvero mostro, ma tutti sono vittime di un sistema che ha trasformato la paura in combustibile sociale.
Aster costruisce un microcosmo in cui le ferite storiche degli Stati Uniti - razziali, economiche, culturali - emergono in nuove forme, distorte, amplificate, rese virali. Lo scontro tra sceriffo e sindaco diventa un duello simbolico tra stagnazione e progresso, tra bisogno di ordine e desiderio di trasformazione. Ma intorno a loro, personaggi memorabili (complottisti, influencer, adolescenti confusi, outsider disperati) incarnano l’inquietudine di un’epoca sospesa, che implode su se stessa mentre cerca un senso. Aster tratteggia i suoi personaggi con complessità e senza manicheismi: ciascuno è, a suo modo, vittima e carnefice, ingannato e responsabile.
Il film Eddington è attraversato da un’ironia cupa e spietata: Aster guarda il caos americano con disincanto ma senza cinismo, cogliendo tanto il dolore quanto l’assurdità di una società disfunzionale, iperconnessa e frammentata.
“Non volevo eroi né villain. Solo persone intrappolate in una bolla che si è rotta”, ha dichiarato Ari Aster. Con il film Eddington, Ari Aster firma il suo film più politico e corrosivo, un western contemporaneo che incrocia thriller paranoico, commedia nera e dramma sociale. Ambientato nell’estate del 2020 in un’immaginaria cittadina del New Mexico, il film nasce dal desiderio del regista di raccontare una nazione sull’orlo del collasso, in un momento storico segnato dal lockdown, dall’infodemia digitale e da un’inquietudine collettiva mai del tutto risolta.
Il progetto affonda le sue radici nei primi giorni della pandemia, quando Aster, tornato a vivere nel suo stato natale, osserva con lucidità come l’isolamento e l’iperconnessione stessero ridefinendo il modo in cui le persone percepivano la realtà. Eddington diventa così il ritratto di una comunità smarrita e frammentata, intrappolata tra il rumore dei social network e il silenzio delle strade vuote, tra la paura del contagio e quella dell’altro.
Il film esplora anche il ruolo pervasivo della tecnologia: il data center che sta per sorgere nel deserto è l’emblema di un potere astratto, inafferrabile eppure totalizzante. Per il regista, la vera minaccia non è quella che si agita tra vicini di casa, ma ciò che si muove sullo sfondo: silenzioso, inarrestabile, indifferente ai conflitti ideologici.
Formalmente, Aster costruisce un universo visivo che gioca sul contrasto tra l’apertura mozzafiato dei paesaggi del Sud-Ovest americano e la claustrofobia degli interni domestici. Con la complicità del direttore della fotografia Darius Khondji, crea un’estetica sospesa, dove la polvere e la luce convivono con la paranoia e il disorientamento.
Più che una satira, Eddington è una radiografia del presente, uno specchio deformante ma riconoscibile della società americana. È un’opera che, pur affondando nelle dinamiche locali, parla con forza al globale: alla solitudine diffusa, alla polarizzazione dilagante, alla crisi di fiducia nelle istituzioni, ma anche al bisogno umano di riconnettersi, di ritrovare una voce in mezzo al rumore.
Ari Aster non offre soluzioni né condanne. Piuttosto, interroga lo spettatore su cosa significhi essere cittadini, individui, membri di una comunità, in un’epoca dove la verità è liquida e la memoria collettiva sempre più breve. Eddington è il suo film più ambizioso, un’epopea grottesca che riflette sulle crepe - e forse sulle possibilità - del nostro tempo.
Note
Continua qui: EDDINGTON, IL FILM DI ARI ASTER
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