Regia di Aurelio Grimaldi vedi scheda film
Forse non è possibile apprezzare o addirittura “vedere” Un mondo d’amore a prescindere da Nerolio. Perché entrambi formano una clessidra: comunque li si giri, si influenzano, si recuperano, si ricordano, si anticipano. E l’apparente pacatezza (comunque ansiosa) di Un mondo d’amore, completa la spinosità terminale della bellissima opera del ’96. Là, Pasolini in fin di vita; qui, Pasolini che si apre ad essa, timidamente, ma con una voglia di esistenza e di linfa umana incontenibile. Fa ancor più male, dunque, Un mondo d’amore, alla luce delle vicende successive che tutti sappiamo. Perché già non tace sull’orrore della “pubblicità” e il dolore del desiderio, la sofferenza del proprio io e la consapevolezza di un’inadattabilità. Cinema di carne e corpi, quello di Grimaldi, sempre rivolto alla vita, cattiva o buona che sia, mai chiuso su se stesso. E anche quando imperfetto o squilibrato, riesce a scavare nei volti e negli animi con uno sguardo profondo e secco che non è facile trovare nei nostri filmucoli. Inoltre, sa tagliare e sottrarre, anche dai suoi bravissimi interpreti. Ha il coraggio perfino di concedersi al sogno e all’illusione (come nella splendida sequenza d’apertura): conoscendo la realtà, è un gran bel colpo di ricchezza interiore.
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