Regia di Leigh Whannell vedi scheda film
AL CINEMA
La famiglia prima di tutto.... e al di sopra di ogni cosa, persino prima che istinti animali e ferini incontrollabili contratti a seguito di una mutazione maturata a seguito incontro/scontro con una sorta di licantropo facciano il loro corso facendo prevalere la bestia sull'essere umano.
Tutto inizia nell'ormai lontano 1995, epoca in cui un escursionista si perde nei boschi fitti e suggestivi dell'Oregon, senza mai dar più traccia di sé ed anzi alimentando il mito di essersi tramutato in un essere mutante, via di mezzo tra essere umano e lupo.
Poco dopo, in quei boschi impenetrabili, il decenne Blake vive la sua adolescenza accudito da un padre militaresco nell'animo come nel comportamento, intransigente e duro.
Nel fare apprendere al figlio i rudimenti della caccia, un mattino presto l'uomo e il figlio si imbattono in uno strano essere aggressivo che potrebbe davvero essere l'uomo lupo di cui si nutrono le leggende locali.
Scampando per un soffio al suo impeto aggressivo e vorace.
Trent'anni dopo Blake è un papà premuroso, ancor prima che uno scrittore in crisi creativa, che pertanto si prende cura della figlioletta, occupandosi di lei più della compagna, giornalista in carriera e tutta presa dal lavoro.
La notizia che il padre, dato per disperso da un trentennio proprio in quei bischi, è stato dichiarato ufficialmente deceduto, permette allo scrittore di ereditare il vecchio chalet in Oregon, teatro delle sue ruvide esperienze adolescenziali di vita.
Giunti in loco per cercare di liquidare quell'immobile, i tre famigliari si imbattono in un grave incidente ancor prima di raggiungere la meta finale.
E la causa del sinistro sarà proprio causata dall'incontro/scontro con un essere mostruoso molto simile a quello incontrato in quel drammatico momento di caccia da bambino.
Ferito ad un braccio dall'essere micidiale, che Blake intuisce possa essere la creatura che un tempo era il suo genitore, l'affettuoso e premuroso papà inizierà a subire una progressiva mutazione che lo trasformerà, piuttosto velocemente, in qualcosa di molto simile ad un lupo.
Combattuto dall'istinto di proteggere la famiglia dal vero uomo lupo che li sta attaccando, ma anche condotto verso quella stessa trasformazione a causa del l'evolversi del contagio, Blake cercherà in tutti i modi di mettere in salvo la propria famiglia, prima di diventare il loro prossimo predatore.
Dal bravo regista horror e sceneggiatore di riferimento di James Wan, Leigh Wannell, di cui si era apprezzato, in qualità di regista, sia il terzo capitolo di Insidious (2015), sia ed ancor più i successivi Upgrade (2018) e L'uomo invisibile (2020), Wolf Man rinnova il mito del l'implacabile trasformazione da uomo a lupo che il cinema ha coltivato, trattato e sviscerato in numerose occasioni a partire dalla sua primordiale prima apparizione nel classico Universal "L'uomo lupo" di George Waggner del 1941, con Lon Chaney Jr. nei panni del tormentato protagonista/figliol prodigo e Claude Rains in quelli dell'aristocratico padre del primo.
Qui la storia, che conosce molte altre variazioni, anche in chiave grottesca come l'indimenticato, esilarante ma pure teso ed irresistibile Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis (1981), non è un remake del film originale, ma possiede una trattazione tutta propria che poco ha a che spartire col film capostipite.
Il nuovo Wolf Man è un horror cupo e suggestivo, girato benissimo, incalzante ed inquietante quanto basta, originale nell'eleggere, come elemento di contrasto della minaccia insormontabile, la famiglia a baluardo.
Elemento indispensabile questa, in grado di sconfiggere il male, o almeno di limitarne gli effetti letali, grazie alla potenza di un sentimento che aiuta a sfoderare coraggio e tenacia che parevano caratteristiche impossibili da possedere da parte di un padre che stava smarrendo la propria autostima, ed una madre che aveva imparato a disprezzare in quel ruolo a lei così poco congeniale.
A parte una bimba sin troppo petulante, il film funziona e sia il tormentato e torvo protagonista, l'attore statunitense Christopher Abbott, sia la star della serie Ozark, Julia Garner, con le sue smorfie di dolore più morale che fisico motivate dal disagio sopra citato, appaiono proprio convincenti.
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