Regia di Leigh Whannell vedi scheda film
Per una volta, un po' più del solito, nei panni del licantropo e con i piedi per terra.
Ultimamente con la Blumhouse ho un rapporto di amore/odio più bilanciato verso destra visto che sforna monnezze a ripetizione da almeno cinque anni. E dire che hanno partorito quelle meraviglie di Get Out, Split, Glass, The Hunt, BlacKkKlansman ecc. E con WOLF MAN diretto da Leigh Whannell, regista dell’Uomo invisibile e pure sceneggiatore di Saw e Insidious, avevo solo da farmi il segno della croce. Alla fine è accaduto il mezzo miracolo.
Blake, in buoni rapporti con la figlia, ma a rischio di separarsi con la moglie, decide di andare con loro in vacanza nella sua vecchia casa nelle montagne dell’Oregon. Poco prima di arrivare sbandano col furgone a causa di una creatura misteriosa, Blake viene ferito e riescono a raggiungere la casa. Purtroppo la ferita infetta cambia gradualmente Blake tra sintomi comportamentali e fisici che lo porteranno a diventare un licantropo. Come se non bastasse sono isolati dal mondo e tenuti in scacco da pericoli all’esterno.
C’è da dire che il film ha dalla sua diverse cose interessanti. Innanzitutto il contesto della licantropia come una malattia degenerante senza nulla di magico e poco folkloristico rende il tutto con i piedi per terra. L’ambientazione montana, il voler mostrare il meno possibile la creatura e la fotografia scura giocano bene sulla tensione. La scelta narrativa di immedesimarsi su Blake e il suo cambiamento quando vediamo la realtà percepita da lui con i rumori forti e la sua “visione notturna” direi che è azzeccata. In più la trasformazione lenta, l’aspetto dell’uomo lupo più “umano”, ma sempre animalesco, le scene d’azione e il gore dosati e i jumpscare non invasivi riescono ad intrattenere bene.
Nonostante un background, il rapporto tra Blake e la figlia e alcuni momenti umoristici ben scritti, purtroppo la storia non racconta molto. Mancano alcuni pezzi ad esempio per approfondire meglio la moglie di Blake, altri invece velocizzano troppo il suo cambiamento, dei momenti dialogati mancano di ritmo e sono abbastanza mosci, c’è un colpo di scena telefonato già dalla prima metà e delle situazioni che non tornano e un po’ contraddittori per quanto riguarda la creatura e nelle sue capacità. Infine il sonoro sul finale è di un fastidioso inaudito.
Passabile a mio avviso, ma un concept così interessante meritava una regia decisamente migliore. Speriamo in un Frankenstein spettacolare, ma con Guillermo Del Toro credo staremo in una bella botte di ferro…!
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