Regia di Ali Abbasi vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE - CANNES 77: CONCORSO - AL CINEMA
"Ci sono tre regole fondamentali per diventare un leader:
1) Attacca, attacca, attacca...
2) Nega ogni accusa
3) Non ammettere mai la sconfitta."
Il regista di origine iraniana Ali Abbasi, già noto per una certa propensione ad una forma di cinema horror adulta ed impegnata in campo civico-politico con i suoi apprezzati film precedenti Border-Creature di confine (2018) e Holy Spider (2023), si cimenta stavolta non più a raccontarci di una razza umana tutta particolare nelle sue fattezze e come tale divenuta oggetto di intolleranza, o di un serial killer fanatico religioso, ma di un'altra particolare creatura, realmente esistente e tutto sommato sempre sulla cresta dell'onda, nonostante né abbia già fatto, come si suol dire, "più di Carlo (Magno) in Francia".
L'uomo delle tre regole basilari di cui sopra, che tutt'ora utilizza con spavalderia e senza scrupoli alcuno, è un giovane Donald Trump, le cui origini Abbasi ci racconta mentre, da umile discepolo (di questo bisogna dargliene atto), prende lezioni dal.cinico avvocato Roy Cohn che per primo, e forse solo, intravede nel ragazzone insipido figlio di papà, le qualità per divenire uno dei più cinici e spietati uomini d'affari di tutti i tempi.
Senza probabilmente mai poter prevedere, anche dal punto di vista di Trump steso, oltre che del suo geniale mentore, la ancora più fortunata e spettacolare, vergognosa ed indicibile carriera politica che lo vedrà tra i più spregiudicati e cinici presidenti Usa mai eletti.
Perché se un Berlusconi si crea da sé e si perfeziona a propria immagine e somiglianza, un bamboccione come Trump va coerentemente plagiato, costruito, istruito in una avventura da immobiliarista di progetti sulla carta fallimentari che, al contrario, gli consentiranno di fare fortuna e crescere continuamente, leader di una imprenditorialità corrotta e svergognata che saprà adattarsi al mondo della politica, trovandovi rifugio per farsi scudo tra i tanti processi ed indagini a suo carico intraprese.
Ali Abbasi ci racconta tutto con ironia e ritmo tali da rendere godibile anche una storia di per sé vomitevole, sgradevole, odiosa, e gli si deve dare atto altresì di aver azzeccato alla grande nella scelta dei due protagonisti: Sebastian Stan, biondo e impacciato come si conviene pensare ad un Trump in erba insicuro, imbranato con le donne, ma capace di farsi spugna ed assorbire ogni consiglio prezioso da parte di una volpe tra le più scaltre sulla piazza.
Costui, a cui è già stato dedicato un interessante documentario presentato alla Festa di Roma del 2019 intitolato "Where in my Roy Cohn", è ancora meglio reso da uno straordinario e parimenti somigliantissimo all'originale Jeremy Strong, che sarà piuttosto coerente ritrovare tra la cinquina dei migliori attori ai prossimi Premi Oscar.
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