Regia di Raffaele Mertes vedi scheda film
L’impresa sarà stata pure ardua ma il risultato è decisamente deludente, privo di qualsiasi apporto interpretativo e valore aggiunto culturale e spirituale, non vi è proprio nulla di creativo ed innovativo ed i dialoghi sono aridi. Una piatta e asettica lettura di quanto si presume di sapere e che per secoli è stata propinata alle masse, con il precipuo obiettivo di ricercare consenso ecclesiastico e soddisfare le aspettative dello spettatore medio. Per chi non è a digiuno dell’argomento e di competenze storiche e critiche il film risulta un’opera sterile, uno spot pubblicitario per la CEI, con una recita da oratorio (gli attori con poche eccezioni sembrano assenti, spenti e poco convinti), un’attendibilità storica rasente lo zero (la miniera gestita dai romani all’isola di Patmos sembra un villaggio turistico … al punto che quando muore un vecchio avviene una sorta di reazione di protesta degli schiavi che vi lavorano). Si ha l’impressione che l’autore avesse qualche velleità poetica misticheggiante ma è naufragato nella banalità e mediocrità. Un film adatto a creduloni semianalfabeti e/o analfabeti di ritorno e per ragazzi in età prepuberale. Gli effetti speciali che vorrebbero essere evocativi e di avvicinamento al divino non compensano l’assenza di contenuti e la scarsa verosimiglianza e le notevoli numerose incongruenze. Un filmetto da oratorio che dispensa buonismo d’accatto e per captatio benevolentiae, la cui aridità complessiva è ben personificata da un Paolo Villaggio amorfo che di significativo ha solo la stazza.
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