Regia di Dario Migliardi vedi scheda film
Alla fine degli anni Settanta Aldo, ragioniere pugliese, si trasferisce con sua moglie poliziotto a Torino. Conosce qui due perditempo, Biagio e Caimano, con cui ordisce un ambizioso piano criminale.
La costruzione del film è ben architettata: c’è un filo giallo, in stile ‘grande rapina’, che si interseca con una sottotrama apertamente comica e, di sfondo, troviamo un quadro d’insieme che ricostruisce con ampie manciate di nostalgia l’Italia di fine anni Settanta (e ne racconta gli italiani). Non tutto però è azzeccato e prima ancora non tutto è coeso quanto basta per dare continuità e solidità alla trama, nella sceneggiatura di Valeria Giasi, Salvatore De Mola e del regista Dario Migliardi, qui all’esordio nel lungometraggio; Un Aldo qualunque risulta così un’operina sufficientemente compiuta negli argomenti e disposta gradevolmente in scena, ma senza il necessario appeal, senza momenti memorabili o personaggi che riescano a emanciparsi dallo stereotipo. Un film qualunque, in pratica. In questo senso la scelta di Fabio De Luigi come protagonista non paga: già volto notissimo al grande pubblico per via di alcune trasmissioni televisive, rimane ancorato al suo personaggio stralunato e sopra le righe, senza fornire una credibilità netta all’Aldo del titolo; meglio perciò le performance di Giuseppe Battiston, Michele Bottini, Neri Marcorè e Silvana Fallisi (curiosamente qui moglie di ‘un Aldo qualunque’ e nella vita reale moglie di un Aldo per nulla qualunque: il compagno di trio di Giovanni e Giacomo). In un ruolino compare poi Omar Pedrini, cantante dei Timoria che suonano la colonna sonora originale, evidentemente ispirata a un certo rock d’annata. Ripensando alle atmosfere di quel periodo, senza dubbio miglior resa ha avuto Paz! di Renato De Maria (2001), e anche Guido Chiesa farà meglio nel 2004 con il suo Lavorare con lentezza. 3,5/10.
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