Regia di Johnny Depp vedi scheda film
FESTA DEL CINEMA DI ROMA 19: GRAND PUBLIC
Amedeo Modigliani in tre concitati giorni di fuga dalla polizia, nella frustrazione di non essere compreso come aspirerebber a meritare, e perso nella sua vita un po' bohemien a bere e sollazzarsi con gli amici e colleghi Utrillo (Bruno Gouery) e Soutine (Ryan McParland), e pure la sua musa ispiratrice Beatrice Hastings (Antonia Desplat).
Umiliato dal collezionista d'arte Maurice Gangnat (un mastodontico Al Pacino che annienta chiunque altro nell'ambito di un cast di fatto piuttosto modesto), che lo sbugiarda sonoramente considerandolo alla stregua dei molti dilettanti che mendicano attorno a Montmartre, l'artista si prodiga per cercare di farsi un nome, ma con esiti devastanti.
Tratto da una commedia teatrale di Dennis McIntyre intitolata Modigliani, Modí ne cattura il vezzeggiativo con cui è ancora affettuosamente conosciuto il celebre artista livornese, e ne racconta tre giornate di emblematica decadenza, tra eccessi e sonori fallimenti di intenti. È un progetto caldamente coltivato da Johnny Deep, che torna in qualità di regista a ventisette anni dal suo esordio bistrattato piuttosto ingiustamente, rappresentato dal disperato Il coraggioso (1997).
Pur forte di un impegno a descrivere l'eccentrico giovane artista in tutta la sua folle energia creativa spesso dispersa in eccessi e deliri alcolici, Modí si presenta come un film manierato e senza ossigeno, tutto eccessi mal governati e tronfi spettacoli di facile decadenza, frustrazione e disperazione. Se da un lato Riccardo Scamarcio c'è la mette tutta in termini di impegno, il suo Modigliani si rivela consunto e sciupato da troppi istrionismi.
Nel ruolo di contorno rapido ma determinante, il grande Al Pacino conferma una volta in più, per quanto senza necessità, come il celebre attore italo-mericano sia in grado di fare la differenza ed estasiare il pubblico con un monologo di soli pochi minuti, ma davvero eccezionale.
Il resto il film un po' piatto e risaputo si contraddistingue per una pura routine di fattura, degna di uno sceneggiato qualunque che si lascia ricordare per un corretto utilizzo delle luci e un contesto storico e scenografico imbastito con il massimo rispetto della veridicità storica, ma che si perde in scene plateali ed estrose che finiscono per ridurre la figura dell'artista ad un egocentrico sognatore improvvido e poco affidabile come ne sono già stati descritti sin troppo di artisti al cinema, senza lasciar memoria tra le opere che davvero contano.
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