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Berlinguer - La grande ambizione

Regia di Andrea Segre vedi scheda film

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La recensione su Berlinguer - La grande ambizione

di lamettrie
8 stelle

Ottimo e istruttivo. Rappresenta fedelmente la vicenda storica di uno dei pochissimi leader credibili, e degni di tal nome, che la democrazia italiana abbia conosciuto.

Soprattutto nel coraggio e nell’intelligenza: in tempi difficilissimi, per gli equilibrismi che si rendevano necessari, da comunista – figlio del nobilissimo comunismo antifascista, però, e non di quello disastroso (in quanto dittatoriale) dei boscevichi - ebbe il coraggio di opporsi all’Urss chioccia del comunismo, proponendo alternative come l’eurocomunismo che si opponeva davvero ad ogni forma di violenza.

Ed ebbe l’intelligenza di vedere sempre più in là, di trovare compromessi che rappresentavano la miglior soluzione possibile ma mai scontata, come l’accordo con la fazione di Moro della Dc, al fine di superare i grandi mali che affliggevano l’Italia del suo tempo: ovvero tanto l’estremismo terroristico quanto la sudditanza agli Usa, nel nome della necessità della superiore unione delle forze autenticamente popolari e dunque davvero democratiche, che avrebbero dovuto – sempre - avere il sopravvento.  

Il tutto vissuto attraverso una grande coerenza: quella che mostrava una reale continuità fra gli ideali perseguiti, la vita privata e l’impegno politico.

Splendida la confidenza con il popolo, con i semplici tesserati del partito; così come la presenza in famiglia e l’impegno educativo con i figli. L’umiltà, la spontaneità - tipicamente sarde, così come la tenacia - lo rendevano effettivamente - e meritatamente – amato, nonché stimato anche dagli avversari più acerrimi; e si sposano bene, poiché ne sono la causa, con il buon senso e la riflessività che Germano fa avere a Berlinguer, frutto di studio ed esperienza umana profondi.    

Storicamente è ben evidenziato l’anelito di giustizia, verità e felicità da parte delle masse, che in quel frangente hanno avuto chi li rappresentava come mai prima e – quasi mai – dopo. Che forze autenticamente popolari siano sparite – tranne un’eccezione - dopo la fine del comunismo, la storia successiva l’ha mostrato, quando le élite ricche hanno ripreso a stravincere, riuscendo anche a controllare le forze di sinistra.  Il richiamo al valore educativo delle palestre, delle scuole, della creatività in strada, dei campi da calcio in periferia rientra in tale esigenza di miglioramento sociale in favore dei più, e non di pochi – e Segre ha il merito di dipingerlo in modo commuovente.

Tra i meriti del regista ci sono anche un’ottima fotografia, la pregevolezza nella scelta delle scene d’archivio, la scenografia anni ’70 – compreso tutto quel fumo di sigaretta –, la colonna sonora.

Poi Germano giganteggia, come al solito: entra nella parte alla perfezione, tutto contorto e dinoccolato. Coi fremiti e l’intelligenza delle sue espressioni.       

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